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Minori. L’Italia prende tempo sul riconoscimento della kafala, l’adozione islamica

Via libera del Senato alla ratifica della convenzione dell’Aja, ma gli articoli che disciplinavano la kafala sono stati stralciati.  “Delicate questioni di compatibilità”

Roma –12 marzo 2015 – L’Italia dice sì, in linea di principio, al riconoscimento della kafala, strumento utilizzato nei paesi islamici per prendersi cura dei minori abbandonati o in difficoltà. Ma prende tempo sul “come” e sul “quando”.

Questa la linea scelta dal Senato, che martedì scorso ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione internazionale dell’Aja su “responsabilità genitoriale e misure di protezione dei minori”. La convenzione prevede, tra le altre cose, che gli stati contraenti assicurino ai minori.

Facciamo un passo indietro. Tra genitori e figli, il diritto islamico non riconosce legami diversi da quelli biologici. Di conseguenza non prevede l’adozione così come la si intende in Italia, dove un bambino diventa a tutti gli effetti figlio dei genitori adottivi.

Grazie alla kafala, però, che viene stipulata davanti a un giudice o a un notaio, un minore (makfoul) può essere affidato a una persona (kafil) che se ne prenderà cura  fino alla maggiore età garantendogli il mantenimento e l'istruzione. Più che a un’adozione, assomiglia quindi a un affido temporaneo.

È uno strumento del quale si sono occupati più volte anche i tribunali italiani, ad esempio autorizzando i kafil immigrati a portare i loro makfoul in Italia tramite il ricongiungimento familiare. La ratifica della convenzione dell’Aja, che cita espressamente la kafala tra gli strumenti di tutela dei minori, comporta però, al di là delle singole sentenze, un adeguamento della nostra normativa.

Il disegno di legge uscito dalla Camera lo scorso giugno andava in questa direzione. Inquadrava infatti la kafala come “affidamento o assistenza legale del minore” e prevedeva, tra le altre cose, che le autorità italiane (tribunale dei minori o commissione adozioni internazionali) valutassero l’idoneità della famiglia ad accogliere il minore.

Una volta autorizzato ad entrare in Italia, il minore avrebbe avuto un “permesso di soggiorno per assistenza legale” rinnovabile di due anni in due anni. Una volta compiuti 18 anni, quindi con la fine della kafala, avrebbe potuto convertirlo in un permesso per motivi di studio  o di lavoro.

Il Senato, però, ha preferito frenare. Alla luce delle “delicate questioni di compatibilità tra il sistema giuridico italiano e i vari provvedimenti di kafala previsti  negli ordinamenti di matrice islamica –  ha spiegato la relatrice Rosanna Filippin (PD) – si è deciso di meditare ulteriormente sulle norme di adeguamento interno”.

E così nel testo approvato in aula martedì è rimasta la ratifica della Convenzione dell’Aja, ma sono spariti tutti gli articoli che spiegavano come recepire la kafala nella legge italiana. Tecnicamente, sono stati tutti stralciati e inseriti in un nuovo disegno di legge, che ora dovrà iniziare il suo cammino in Parlamento, con tempi che è impossibile prevedere.

Stranieriinitalia.it
 

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