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Richiedenti asilo, sì alla residenza nei Comuni dove sono ospitati

Le strutture d’accoglienza sono luoghi di “dimora abituale”, questo consente l’ iscrizione all’anagrafe e il rilascio della carta di identità. Il Viminale applica la legge, ma è polemica: “Alfano dà la residenza ai clandestini”

 

Roma – 20 ottobre 2016 – I richiedenti asilo possono prendere residenza e carta di identità nel Comune in cui sono ospitati. Lo dice la legge e non è una novità, ma ora che succede sempre più spesso, man mano che aumentano i profughi accolti nelle varie strutture di accoglienza sparse per l’Italia, certi sindaci non gradiscono e il caso arriva in Parlamento.  

“Alfano dà la residenza ai clandestini” sosteneva qualche giorno fa Mario Giordano sul quotidiano La Verità.  “Una circolare del ministro obbliga i sindaci a rilasciare certificato e carta di identità ai richiedenti asilo. Così accedono a tutti i servizi, scavalcando in graduatoria gli italiani poveri”, si leggeva nel sommario dell’articolo, chiuso da una minaccia: “Se poi qualche italiano disperato imbraccia un forcone, sarà difficile dargli torto”. 

La “circolare del ministro” è in realtà una nota inviata il 17 agosto scorso dal Dipartimenti libertà civili e immigrazione del Viminale a una prefettura che chiedeva lumi. Spiega  che i centri accoglienza straordinaria o le strutture gestite dallo Sprar possono essere considerate “luogo di dimora abituale” di quanti hanno un permesso per richiesta d’asilo o la ricevuta della domanda e quindi consentire l’iscrizione all’anagrafe, che può essere chiesta direttamente dagli interessati oppure dal responsabile della struttura.

Il presupposto per il rilascio della carta di identità, inoltre, è “la semplice iscrizione  nell’anagrafe permanente che si ottiene a seguito del possesso di un valido permesso di soggiorno che, al di là della tipologia per cui viene rilasciato, si configura come documento di riconoscimento”. Basta il permesso di soggiorno per identificare il richiedente asilo, aggiunge il ministero, non serve necessariamente il passaporto. 

Quella nota ricorda solo cosa già prevede la legge  (decreto legislativo 142/2015 e Testo Unico sull’immigrazione)  e cita le Linee Guida sul diritto alla residenza dei richiedenti e beneficiari di protezione internazionale”. Non aggiunge nulla di nuovo e non dà certo diritti aggiuntivi “ai clandestini”, come sosteneva Giordan. Quell’articolo ha però avuto una vasta eco, fino a una interrogazione presentata dalla Lega Nord al ministro dell’Interno. 

“Non c’è nessuna residenza per gli stranieri irregolari” ci ha tenuto ieri a precisare in Aula alla Camera Angelino Alfano durante il question time. “L’iscrizione e le variazioni nei registri anagrafici sono previste per i soli cittadini stranieri, regolarmente residenti in Italia, in possesso di un regolare permesso di soggiorno e per i richiedenti asilo ospitati nei centri di accoglienza, per i quali il Centro rappresenta il luogo di dimora abituale ai fini della iscrizione”. 

“Nessuna innovazione” ha aggiunto il titolare del Viminale, ribadendo che era tutto già scritto nel Testo Unico sull’Immigrazione e nel decreto legislativo 142 del 2015, che applica direttive comunitarie. “Detto tutto questo – ci ha tenuto a concludere il ministro dell’Interno, per tranquillizzare parte del suo elettorato-  aggiungo che mai nessun profugo precederà un italiano nella erogazione dei servizi che gli enti e le istituzioni italiane devono agli italiani.

EP

 

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