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Rio 2016. Un rifugiato siriano porterà la torcia olimpica ad Atene

Martedì Ibrahim Al-Hussein, nuotatore che prima della guerra sognava i Giochi, attraverserà il campo di accoglienza di Eleonas. Una bomba gli ha portato via una gamba, ma in Grecia è tornato a vivere e ad allenarsi

 

Atene – 22 aprile 2016 –  Il lungo viaggio della torcia olimpica si intreccerà con quello dei profughi quando martedì prossimo ad Atene il simbolo dei giochi verrò portato per un tratto dal ventisettenne siriano Ibrahim Al-Hussein.

Fino al 2012, Al -Hussein viveva a Deir ez-Zor, sulle rive dell’Eufrate, era un nuotatore a livello agonistico e sognava di poter partecipare alle Olimpiadi. Poi è arrivata la guerra e una bomba lo ha privato di una parte della gamba destra. Come tanti altri è fuggito in Turchia, quindi con un gommone è arrivato in Grecia, dove ha chiesto e ottenuto asilo. 

Oggi Al-Hussein cammina grazie a una protesi e lavora la notte lavora in un caffè di Atene. Ogni giorno, però, è in piscina ad allenarsi. È tornato per la prima volta in vasca lo scorso ottobre, ora fa i 50 metri stile libero in 28 secondi, appena 3 secondi in più di quando aveva la sua gamba. 

A giugno parteciperà ai giochi panellenici per nuotatori disabili e ha buone possibilità di vincere nella sua categoria. Quando non è in piscina, scende in campo con una squadra di pallacanestro in carrozzina. “Per me lo sport non è un gioco, è la mia vita” dice. 

Il 26 aprile Al –Hussein porterà la fiamma olimpica attraverso il campo di accoglienza temporanea di Eleonas, vicino la Capitale greca. “Lo farò per me stesso, ma anche per i Siriani, per i rifugiati di tutto il mondo, per la Grecia, per lo sport, per le mie squadre di nuoto e di basket” spiega. “Il mio obiettivo è non cedere mai. Ma andare avanti, sempre avanti”. 

Non sarà l’ultima occasione per parlare di profughi in occasione dei Giochi. Quando la torcia portata da Al –Hussein arriverà finalmente a Rio, sotto il braciere gareggeranno anche atleti che, come lui, sono stati costretti a lasciare i loro Paesi d’origine: gli “Atleti Olimpionici Rifugiati”, selezionati in tutto il mondo dal CIO e dall’UNHCR.

EP

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