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Austria pronta a bloccare le richieste d’asilo, esercito ai confini

Il governo ha pronto un decreto d’emergenza da far scattare appena sarà superato il tetto di 37500 domande. E intanto minaccia di portare l’Ungheria in tribunale

 

 

Vienna – 8 settembre 2016 – Stop alle domande d’asilo e respingimenti ai confini, dove verranno inviati oltre duemila soldati. 

Sono gli ingredienti di un decreto d’emergenza (Notverordnung) preparato dal governo austriaco, sostenuto da socialdemocratici e popolari. Dovrebbe durare sei mesi ma con la possibilità di tre proroghe ed entrare in vigore solo se verrà sforato  lo sforamento del tetto di 37500 domande d’asilo fissato quest’anno dallo stesso governo. 

Da quel momento in poi, le richieste di asilo saranno  possibili solo in casi eccezionali (come il rischio di torture nel paese di provenienza oppure la presenza di parenti in Austria) e se il richiedente viene trovato su territorio nazionale e se la via della sua fuga verso l’Austria non potrà più essere ricostruita. Sarà l’esercito a sorvegliare i valichi. 

Vienna intanto alzano la voce anche contro l’Ungheria, accusata di lasciar passare migranti e profughi senza registrarli e di non riprendersi quelli che l’Austria rimanda indietro, come prevede il regolamento di Dublino.  “Lo Stato o il gruppo di Paesi che violano queste regole dovrebbero subire conseguenze legali” ha minacciato il ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka.

La linea dura del governo viennese è influenzata anche dalla campagna elettorale. In Austria il 2 ottobre si terrà il ballottaggio presidenziale, il cui primo esito era stato annullato, e il candidato della destra xenofoba ha buone chance. 

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati denuncia le conseguenze gravissime che avrebbe l’entrata in vigore di quel decreto d’emergenza. “Romperebbe un tabù in Europa e significherebbe una rinuncia al diritto d’asilo in Austria”, con il rischio che “altri Paesi europei seguano l’esempio”, ha detto Christoph Pinter, capo dell’ufficio viennese dell’Unhcr.

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