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Caso Egonu, l’attivista Marwa Mahmoud: “Il razzismo in Italia è radicato e troppo spesso sdoganato”

Paola Egonu olimpiadi

Roma, 19 ottobre 2022 – Il caso di Paola Egonu ha scandalizzato gran parte dell’Italia, ma è un fenomeno fin troppo frequente nel Nostro Paese. Quello che è successo alla pallavolista a margine della partita contro gli Stati Uniti, infatti, è l’esempio lampante di ciò che centinaia di migliaia di giovani sono costretti ad affrontare in Italia: sconforto e perenne lotta per l’integrazione. E non basta essere una campionessa di fama mondiale: ci sono persone che ti punteranno sempre il dito contro. “Sono atti che spesso vengono derubricati con toni paternalisti e un po’ benevoli. Ma si tratta di razzismo profondo, radicato, che forse è stato troppo spesso sdoganato“, ha commentato Marwa Mahmoud, consigliera comunale a Reggio Emilia nonché presidente della Commissione consiliare “Diritti umani, pari opportunità e relazioni internazionali”.

Paola Egonu olimpiadi

Paola Egonu e il razzismo radicato in Italia

Il fatto che siano indirizzati a persone che indossano la maglia azzurra della nazionale lo dimostra, ancora di più. Il problema però serpeggia nella quotidianità. Egonu è una campionessa a livello mondiale – di cui dovremmo andare orgogliosi – e può permettersi di dichiarare il problema, ma quante persone ci sono nella sua stessa condizione che non hanno lo stesso privilegio? È facile esprimere solidarietà nei confronti di persone famose come loro e poi voltare le spalle a chi subisce comportamenti del genere tutti i giorni“, ha dichiarato Mahmoud a Il Fatto Quotidiano.

Una domanda sorge spontanea: come si potrebbe cambiare radicalmente questa situazione? “A livello di comunità dovremmo prima di tutto calare l’ottica antirazzista nella quotidianità, includendola in tutte le nostre azioni. Di nuovo: non solo scandalizzarsi se viene insultato il campione olimpionico, ma anche quando viene colpito il vicino di casa. Soprattutto, bisognerebbe essere capaci di dire che abbiamo un problema di razzismo: è questa la cosa più difficile. Le scuole hanno un ruolo cruciale tramite l’educazione interculturale e la formazione dei docenti. Poi, certo, ci sono le istituzioni. Faccio un esempio: i comuni di Reggio Emilia, Torino e Bologna si stanno impegnando per definire un piano d’azione contro le discriminazioni locali e i crimini di odio. Si tratta di avviare anche collaborazioni con le forze dell’ordine, per prevenire eventuali disistime delle segnalazioni, che possono capitare. Sarebbe bene ampliare questo stesso piano a livello nazionale”, ha risposto l’attivista.

Mahmoud: “Serve una nuova legge sulla cittadinanza”

Secondo la consigliera le legge sulla cittadinanza è così “datata che ormai ha compiuto trent’anni. Fu pensata per un Paese con circa 500mila stranieri e non considerava i figli di migranti: si rivolgeva ai migranti economici o agli italiani all’estero. Ora il tessuto sociale è cambiato. Si parla di seconda generazione, di terza. Un milione e mezzo di persone che vivono in questo Paese dall’infanzia, o che sono nate qui, non possono accedere alla cittadinanza. E non è giusto. Le decisioni a livello istituzionale hanno rilevanza e impattano sulla società. Il razzismo non sarebbe più legittimato: verrebbe difficile mettere in discussione la cittadinanza di una persona se quest’ultima fosse protetta dalla legge. Mancherebbero gli argomenti su cui fare leva.

Se continuiamo a normalizzare questi atti aggressivi, che invalidano la vita di chi li subisce, finiamo per assuefarci e alzare il livello di tolleranza. Rischiamo la diffusione di un linguaggio ostile che potrebbe generare, poi, crimini di odio”. Su il nuovo governo, infine, preferisce ancora non sbilanciarsi troppo: “Diamo al nuovo esecutivo il tempo di governare: così potremo capire cosa sono capaci di fare. Rimane però un punto. Il razzismo non è solo qualcosa di evidente e conclamato: non è solo il ginocchio sul collo di George Floyd. Razzismo è anche un sottofondo fatto di ingranaggi subdoli: una sorta di ostilità sottesa. È ignorare in modo sistematico una parte di pubblico, che diventa invisibile.”

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