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Cassazione: fece entrare figlia clandestina, assolto immigrato

Il Pdl insorge sulla sentenza: "Un’altra mazzata alla legalità" ROMA, 1 dicembre 2008 – Non si può criminalizzare un padre extracomunitario che porta illegalmente con sé la figlia in un paese straniero, specie se l’alternativa è abbandonarla in patria al suo destino.

E’ il succo della sentenza n. 44048 con la quale la Prima sezione penale della Cassazione ha confermato l’ assoluzione di un uomo di origine macedone dal reato di favoreggiamento dell’ ingresso clandestino per aver cercato di portare in Italia la propria figlia minorenne.

Il padre di famiglia, immigrato regolare aveva ottenuto il congiungimento familiare della moglie e di uno dei due figli ma non quella della figlia più piccola. Per non abbandonare la bambina in Macedonia l’ uomo, "costretto dalle necessità ", aveva cercato di eludere i controlli alla frontiera per portarla in Italia. Già il tribunale di Trieste nel 2007 aveva assolto l’uomo dall’ accusa perché "il fatto non costituisce reato". La Cassazione ha confermato la sentenza rigettando il ricorso del pm che aveva ipotizzato che il padre avrebbe potuto evitare il "danno psichico alla minore" semplicemente con "la decisione di rimanere in Macedonia oppure di lasciare moglie e figlio nel paese di origine in attesa di una nuova domanda di ricongiungimento". I Supremi giudici non hanno ritenuto fondati i motivi di ricorso definendo "considerazioni meramente congetturali afferenti improbabili o evanescenti scelte alternative" del padre come "abbandonare il lavoro in Italia e cogliere l’opportunità dell’espansione dell’economia macedone o attivarsi per reperire un nuovo alloggio in Italia".

NUOVE POLEMICHE SULLA CASSAZIONE
La sentenza ha rinfocolato le polemiche già suscitate dall’altra sentenza della stessa corte secondo cui costringere i minori a mendicare, nel caso dei rom, non comporta il reato di riduzione in schiavitù in quanto è una tradizione culturale.

Il nuovo pronunciamento, che si inserisce nel solco già tracciato dal primo, ha scatenato dure reazioni da parte del Pdl. "Ecco – ha commentato Isabella Bertolini, componente del direttivo del Pdl alla Camera – un’altra mazzata alla legalità e alle leggi rigorose, volute invece dal Parlamento e dai cittadini italiani. Dopo il via libera all’accattonaggio part-time per i minori rom, dalla Cassazione ora arriva l’ennesima sentenza sconcertante. Siamo alla legittimazione di fatto di un comportamento palesemente illegale. Far entrare degli stranieri in modo clandestino è vietato nel nostro Paese. Troppo spesso – conclude Isabella Bertolini – le norme votate in Parlamento vengono vanificate dall’azione della magistratura".

Secondo Roberto Cota, presidente dei deputati della Lega Nord "in un momento come questo c’é bisogno di orientamenti giurisprudenziali che diano segnali di fermezza e quindi restringano invece di ampliare". E Paolo Grimoldi, esponente dello stesso partito, fa notare come le sentenze della Cassazione "fanno a pugni con il comune sentire dei cittadini".

"Quello che ci chiediamo – sostiene – è se la magistratura sia ancora un baluardo della legalità oppure il fortino dell’eversione. Dalla droga all’immigrazione, l’attività della Cassazione sembra più orientata a difendere le situazioni criminogene e non i cittadini". Difende invece la decisione della Cassazione il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo. "Ricordiamo al Pdl – dice – che ogni sentenza della Cassazione è fonte di legalità". E aggiunge: "la vicenda del romeno che ha fatto entrare clandestinamente la figlia rimasta sola in patria ci dice una cosa: chi ha un reddito certo, ama il nostro Paese e vive da noi rispettando le leggi ha diritto a leggi flessibili e riformabili, ha diritto a un approccio umano da parte delle istituzioni. Con un approccio ideologico, invece, si fanno solo passi indietro".

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