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Cassazione: immigrato espulso, nozze imminenti non lo salvano

Annullata l’assoluzione di un mediorientale, Farim S. (33 anni) dall’accusa di non aver ottemperato all’ordine di rimpatrio emesso dal Questore di Rimini il 19 agosto 2006

ROMA, 13 febbraio – Le nozze imminenti, con una fidanzata italiana, non salvano l’immigrato clandestino dall’obbligo di tornare nel suo paese d’origine e obbedire al decreto di espulsione inflittogli per mancanza di documenti regolari.

Lo sottolinea la Cassazione che ha annullato l’assoluzione di un mediorientale, Farim S. (33 anni), dall’accusa di non aver ottemperato all’ordine di rimpatrio emesso dal Questore di Rimini il 19 agosto 2006. L’ uomo pensava di poter rimanere in Italia dal momento che il suo matrimonio era stato fissato per il cinque febbraio 2007, e lui era in attesa che i documenti fossero pronti.

Per questo il Tribunale di Bergamo, il 19 febbraio 2007, lo aveva assolto ritenendo che Farim avesse avuto una valida ragione per pensare di non dover rientrare in patria. La Cassazione, però, su reclamo della Procura della Corte di Appello di Brescia, ha disposto un nuovo processo nei confronti dell’immigrato in quanto "efficacia paralizzante" delle espulsioni può essere riconosciuta a chi, tornando in patria, corra il rischio di essere perseguitato per motivi di razza, sesso, religione, opinioni politiche ecc. e non per esigenze di "seconda categoria" dei "migranti economici", come possono essere quelle dell’attesa dei tempi burocratici necessari al disbrigo delle pratiche matrimoniali tra un cittadino extracomunitario e una italiana.

Ora Farim – per effetto della sentenza 6605 della Prima sezione penale – sarà processato nuovamente davanti alla Corte di Appello di Brescia.

Poco più di un mese fa a Impruneta, in provincia di Firenze, era andata meglio a un clandestino tunisino arrestato poche ore prima di andare all’altare. Non aveva rispettato l’ordine di espulsione emesso nei suoi confronti, ma stava per uscire dalla irregolarità grazie all’amore accesosi tra lui e una cittadina italiana. Aveva passato le ore prima del matrimonio in una cella di sicurezza della questura, ma alla fine i due innamorati erano riusciti a pronunciare il fatidico “sì”, grazie a un magistrato.

I due si erano conosciuti a Milano. L’amore era scoccato e da lì la decisione di convolare a giuste nozze. Tutto era pronto per il grande giorno. L’appuntamento nella sala del palazzo comunale era fissata per il 3 gennaio scorso. La sera prima i due si erano incontrati con amici in un pub ed erano stati oggetto di un controllo da parte delle Forze dell’ordine. Era bastato poco per scoprire che il promesso sposo aveva ricevuto prima un foglio di via e poi un ordine di espulsione del questore di Crotone.

Alla luce dei fatti, per la legge, doveva essere arrestato e processato per direttissima. Ma la sua fidanzata non si era arresa e aveva sperato in una risoluzione rapida e positiva del processo. E il magistrato di turno aveva trasformato in realtà le sue speranze, scarcerando il giovane e permettendogli di sposare la sua fidanzata, anche se con qualche ora di ritardo rispetto all’appuntamento fissato. Alle accuse il neo-sposo risponderà non più da clandestino.

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Rassegna immigrazione 13/02/2008