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Consiglio dei ministri: nuova stretta sulle espulsioni dei comunitari

Approvato un decreto legge per espellere velocemente chi mette a repentaglio al sicurezza pubblica. Per gli altri allontanamenti si attende il parere del Parlamento

ROMA – Un decreto legge di cinque articoli per regolare le espulsioni immediate dall’Italia dei cittadini comunitari per "motivi imperativi di pubblica sicurezza" e di prevenzione del terrorismo; un decreto legislativo di 22 articoli che disciplina gli altri casi di allontanamento.

Questo il nuovo pacchetto di norme sulla sicurezza varato oggi dal Consiglio dei ministri che va a sostituire il decreto approvato alla fine dello scorso ottobre all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani ad opera di un romeno. Quel provvedimento è stato lasciato decadere per un ‘pasticcio’ tecnico-giudirdico (un riferimento errato relativo alla norma anti-omofobia, ora stralciata) che ne aveva impedito la promulgazione.

Ecco, in sintesi, le principali novità dei due provvedimenti (il dl dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni, mentre il decreto legislativo andrà al parere delle commissioni parlamentari prima di un definitivo via libera da parte del consiglio dei ministri).

ESPULSIONE CITTADINI EUROPEI ANCHE PER TERRORISMO – L’allontanamento immediato è previsto per chi sia sospettato di agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. In questo modo il governo ha deciso di rendere permanenti, ed estese non soltanto agli extracomunitari, le misure antiterrorismo del ‘decreto Pisanu’ del 2005, che scadrà il prossimo 31 dicembre. Se il destinatario del provvedimento è sottoposto a procedimento penale, serve il nulla osta del giudice competente entro 15 giorni dalla richiesta del questore. Nel frattempo, il cittadino comunitario è trattenuto in uno dei Centri di permanenza temporanea ed accoglienza (Cpta). Quanto alla competenza sulla convalida dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione e allontanamento, il decreto la attribuisce al giudice ordinario anziché al giudice di pace.

ESPULSIONI IMMEDIATE PER ‘MOTIVI IMPERATIVI’- I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando lo straniero ha tenuto "comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica". L’allontanamento dei cittadini comunitari o dei loro familiari per "motivi imperativi di pubblica sicurezza" è di competenza del prefetto, salvo che i destinatari siano minorenni ovvero abbiano soggiornato nel territorio dello Stato nei dieci anni precedenti: in tali casi la competenza è del ministro dell’Interno. L’allontanamento è immediatamente esecutivo e necessita della convalida dell’esecuzione da parte del giudice ordinario (non più del giudice di pace). Il divieto di reingresso dura 5 anni e in caso di violazione il trasgressore è punito con il carcere fino a 3 anni.

RICORSO NON SOSPENDE ESPULSIONE – All’allontanamento per motivi imperativi si può far ricorso al Tar del Lazio, se il provvedimento è stato adottato dal ministro dell’Interno, o al giudice monocratico territorialmente competente se l’espulsione è stata decisa dal prefetto. Assieme al ricorso può essere presentata istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento che, tuttavia, non ne sospende l’efficacia fino all’esito della decisione del giudice sull’istanza cautelare.

ALLONTANAMENTI PER MINACCIA ALL’ORDINE PUBBLICO E ALLA PUBBLICA SICUREZZA. Si tratta di tutte le altre espulsioni che non rientrano tra i "motivi imperativi". In caso di minaccia all’ordine pubblico la competenza è del ministro dell’Interno che, con atto motivato, fa notificare il provvedimento contenente le modalità di impugnazione; il divieto di reingresso non può essere superiore a 10 anni. Le espulsioni per motivi di pubblica sicurezza sono invece adottate con atto motivato dal prefetto. In questo caso il divieto di reingresso è al massimo di cinque anni. La trasgressione è punita con il carcere fino a tre anni.

COMUNICAZIONE DI INGRESSO – In base alla prevista durata del suo soggiorno, il comunitario o un suo familiare può notificare la sua presenza sul territorio ad un ufficio di polizia. Se non viene fatta questa dichiarazione si presume, salvo prova contraria, che il suo soggiorno duri da oltre tre mesi.

FONTI DI REDDITO LECITE – Per evitare l’allontanamento il comunitario immigrato deve indicare anche "risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite e dimostrabili". Condizione, questa, per il diritto di soggiorno in Italia di oltre tre mesi.

TRATTENIMENTO – Nel caso in cui il comunitario da allontanare sia sottoposto a un procedimento penale l’espulsione è sospesa fino al nulla osta dell’autorità giudiziaria (giudice ordinario) che deve emanarlo entro 15 giorni, altrimenti si considera concesso. Nel frattempo il questore può disporre il trattenimento della persona in un Centro di permanenza temporanea e assistenza.

 

(28 dicembre 2007) 

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