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Cosa significa essere italiani senza cittadinanza: storie di “cittadini di serie B”

Roma, 4 novembre 2022 – “A sedici anni sognavo di entrare all’Accademia militare, ma la mia famiglia non ha mai raggiunto il reddito necessario a fami avere la cittadinanza italiana. Allora mi sono iscritta all’università e ho studiato mediazione linguistica e culturale. Mi sono laureata con il massimo dei voti, pur non potendo fare l’Erasmus. Per ottenere il visto che serve per partecipare al programma di mobilità studentesca dell’Unione europea servivano troppi soldi. Adesso, invece, non posso partecipare a molti bandi, perché sono riservati ai cittadini italiani“. Per alcuni le lotte per una riforma sulla cittadinanza italiana sono solo un capriccio. Nella quotidianità, però, migliaia di giovani devono combattere contro un Paese che non gli permette di esprimersi, di vivere come fanno gli altri coetanei. E questo solo a causa di una legge a dir poco datata, pensata per un sistema che oggi non esiste più.

Cittadinanza italiana, perchè serve una riforma

Hiba ha 23 anni, ed è arrivata in Italia dalla Tunisia quando ne aveva 5 insieme a un fratello e a una sorella per raggiungere il padre. “Papà nel tempo è dovuto andare in pensione per problemi di salute. Mia madre è casalinga, si è sempre dedicata alla famiglia. Nel nostro caso, il problema della richiesta di cittadinanza è legato al reddito, inferiore agli ottomila euro a persona l’anno necessari, da mantenere per tre anni, a cui vanno aggiunti cinquecento euro per ogni componente del nucleo familiare. Se non raggiungi e mantieni questa cifra, la richiesta viene rigettata. E poi ci sono le tempistiche: per ogni iter burocratico sono lunghissime. Se gli uffici non rispondono in tempo, al quarto anno la cittadinanza non viene conferita per scadenza dei termini“, ha spiegato a Wired.

La mancanza di cittadinanza non le permette nemmeno di partecipare ai concorsi pubblici “a cui potrei accedere anche col solo permesso di soggiorno sono pieni di cavilli. Sembra, quasi, siano scritti per sabotare il nostro percorso di studi.

Per me è importante fare parte attiva di questo Paese, la mia seconda patria. Io non sono né italiana né tunisina, sono cittadina del mondo, ma la mia cultura è italiana. Conosco a memoria l’inno nazionale italiano, non quello tunisino. Conosco la Costituzione italiana, non quella tunisina. Ora studio scienze diplomatiche e se un giorno riuscirò a ottenere la cittadinanza, vorrei rappresentare l’Italia. Ho pensato spesso di andare via, ma mi sembrerebbe un tradimento nei confronti dell’Italia. Ho un ragazzo italiano che mi ha chiesto di sposarlo per aiutarmi a ottenere la cittadinanza, ma io la voglio con le mie forze, non con un matrimonio che mi dia un pezzo di carta per avverare i miei sogni. Sono cresciuta qui: ho già lasciato una terra, la Tunisia, non ci penso neanche a lasciare l’Italia”

Cosa significa non avere la cittadinanza

La vita dei giovani italiani senza cittadinanza è caratterizzata di no: gite scolastiche negate, esclusioni da gare sportive, carriere bloccate sul nascere. E non parliamo di numeri ridotti: i figli di stranieri nati o cresciuti in Italia sono più di un milione. La loro vita è qui, in questo Paese. Si sentono italiani a tutti gli effetti ma, nella quotidianità, a loro non vengono riconosciuti gli stessi diritti dei loro coetanei. “Anche andare in gita, per chi ha un permesso a termine, non è facile: se il permesso scade, non puoi uscire dal Paese perché dopo non ti fanno rientrare. E quando arrivi all’università spesso devi rinunciare anche agli scambi culturali, compreso l’Erasmus. In prima superiore la scuola organizzò una piccola gita di due giorni all’estero.

Ero l’unica extracomunitaria in classe e la Croazia, dove dovevamo andare, non era ancora entrata nell’Unione Europea. Mia madre dovette andare a Roma per farmi ottenere il visto. Riuscii a partire, ma arrivata alla dogana rimasi ferma mezz’ora al controllo e tutti furono costretti ad aspettare me, l’albanese“, ha raccontato Kristiana, una ragazza di 27 anni che vive a Rimini da quando ha sei anni e mezzo.

“Siamo una generazione che vive nella precarietà, ma noi italiani senza cittadinanza abbiamo ancora meno possibilità degli altri. Ero ancora a scuola quando ho scoperto di non poter intraprendere nessuna carriera militare, compresa quella nella Guardia costiera e nella Marina militare. Mi sarebbe stato impedito anche navigare come allievo o su navi mercantili o di trasporto passeggeri. Nel frattempo, da cittadina straniera nel mio Paese, sto scoprendo tutte le altre limitazioni del mio non essere considerata italiana: ci sono difficoltà a prendere un prestito, persino per acquistare un telefono a rate. Le compagnie telefoniche hanno delle graduatorie interne dei ‘cattivi pagatori’ fatte anche in base alla nazionalità e se hai quella sbagliata è molto difficile tu possa ottenere un comodato d’uso”, ha raccontato inoltre.

Dalla carriera allo sport: tutti i no che si sentono dire

Non solo scuola e carriera: non avere la cittadinanza italiana può compromettere anche la professione sportiva. “Nel 2019, ho vinto il primo titolo italiano e lì ho sperimentato sulla mia pelle che non avere la cittadinanza rappresentava un enorme ostacolo. Il motivo? Pur essendo campionessa italiana nella mia categoria, non ho potuto vestire la maglia azzurra e rappresentare l’Italia in una competizione internazionale che si teneva a Baku, in Azerbaijan. Nell’ultimo anno ho vinto altri premi in Italia, i 3 chilometri, i 20 chilometri e ultimamente i 10mila metri in pista. Il problema è che ad agosto ci sono i mondiali under 20 ma, salvo miracoli della burocrazia italiana, non potrò parteciparvi“, ha spiegato Alexandra, una ragazza nata in Moldavia che vive in Italia da quando ha cinque anni.

Per combattere contro questo status quo, Hiba Kristiana e Alexandra hanno aderito alla campagna Obiettivo Cittadinanza, promossa dall’associazione CittadinanzAttiva e dal movimento Italiani senza cittadinanza. “La legge attualmente in discussione aiuterebbe circa 280mila alunni delle scuole italiane a ottenere la cittadinanza, ma taglierebbe fuori tutti quelli che nel frattempo sono cresciuti e hanno già svolto da tempo il percorso scolastico di cinque anni”, ha spiegato Fioralba, arrivista di Italiani senza cittadinanza. Lei, per esempio, ha studiato qui, ha una laurea e ancora spera di riuscire a diventare italiana. Aspetta due gemelli insieme a suo marito, e nemmeno loro saranno riconosciuti come italiani tanto facilmente.

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