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Epatite B, test gratuiti per scoprirla e combatterla

Fino al 15 giugno, in quindici città, la campagna di prevenzione contro la malattia, che in Italia ha già colpito 300 mila immigrati.  Basta una telefonata o un click  per prenotare l’analisi del sangue

Roma – 22 maggio 2012 – L’epatite B è una delle malattie più diffuse al mondo. Colpisce il fegato, se diventa cronica può causare danni gravissimi e, in Italia, fa molte vittime tra gli immigrati.

 

Per scoprirla e combatterla, fino al 15 giugno è possibile eseguire un test gratuito presso uno dei laboratori che aderiscono alla campagna “Epatite B: usa la testa, fai il test” a Milano, Brescia, Bergamo, Padova, Torino, Reggio Emilia, Pisa, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Foggia, Cagliari, Messina e Palermo. Basta prenotarsi chiamando il Numero Verde 800 027 325 o collegandosi al sito www.epatiteb2012.it, dove ci sono anche tutte le informazioni sulla malattia e la mappa dei laboratori.

L’iniziativa è promossa da quattro società scientifiche: AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, SIGE, Società Italiana di Gastroenterologia, SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, SIMG (Società Italiana di Medicina Generale), con il supporto di FederANISAP, Federazione Nazionale delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private e il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb.

300 mila immigrati

Due gli obiettivi della campagna, diffusa anche in romeno, albanese, ucraino e polacco attraverso le testate di Stranieri in Italia: incrementare la consapevolezza della malattia e dei fattori di rischio di contagio, e incentivare l’esecuzione del test tra le categorie a rischio, coinvolgendo anche gli immigrati che arrivano da Paesi in cui tuttora non esiste l’obbligo del vaccino.

Oltre 700 mila persone in Italia sono affette da epatite B cronica: di queste, almeno la metà non sa di aver contratto l’infezione. “Si stima che i portatori del virus di origine non italiana siano circa 300mila: persone non trattate, provenienti da zone ad alta endemia come Europa orientale, Africa sub-sahariana e Cina, portatori del virus cosiddetto “selvaggio” (wild type), che hanno anche genotipi differenti da quello che abitualmente circola in Italia, cioè il genotipo D, e che, per vari motivi, non si sottopongono facilmente a esami di laboratorio”, rileva Orlando Armignacco, Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.

Il virus dell’epatite B (HBV) è 100 volte più contagioso dell’HIV ed è in grado di sopravvivere fuori dall’organismo, rimanendo infettivo, per almeno 7 giorni. La maggior parte dei contagi avviene mediante rapporti sessuali non protetti o scambio di siringhe o aghi contaminati, ma anche attraverso la condivisione di spazzolini da denti o rasoi e con l’utilizzo di strumenti non sterilizzati per piercing e tatuaggi.

"Nessun sintomo"

L’infezione dà segni di sé solo quando si sono già prodotti danni epatici gravi.  “Quando si produce la diagnosi di HBV l’infezione è già cronicizzata, cioè la malattia è già avanzata e si sono già determinati dei danni: la gran parte dei soggetti con infezione cronica da epatite B non presenta alcun sintomo, tuttavia sono perfettamente in grado di trasmettere la malattia” sottolinea Gianfranco Delle Fave, Professore ordinario di Gastroenterologia all’Università La Sapienza di Roma.

Nell’80% dei casi l’infezione si risolve spontaneamente, ma in circa il 20% dei casi evolve in una forma cronica estremamente pericolosa e che comporta un rischio maggiore del 15-20% di morire prematuramente per cirrosi ed epatocarcinoma. Vaccinazione, test e conoscenza dei fattori di rischio permettono di arginare il contagio.

La presenza del virus dell’epatite B viene accertata attraverso un semplice esame del sangue, che può essere eseguito a digiuno o anche a stomaco pieno.

“Ciascun laboratorio s’incaricherà di effettuare l’esame, di verificare e controllare il dato analitico, nella piena garanzia della privacy dell’utente e della qualità del processo, e di rendere disponibili i risultati nel giorno indicato” sottolinea Vincenzo Panarella, Presidente FederANISAP. “Rispetto ai benefici in termini di conoscenza e di tranquillità, il disagio che tale test comporta – aggiunge – è davvero nullo”.

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