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“Fuggivo dalla morte, ho trovato solo morte”, la corsa a ostacoli verso l’Europa

Un rapporto di Medici senza Frontiere mostra la pericolosità delle politiche europee verso migranti e profughi, anche attraverso le loro terribili testimonianze. “Servono canali legali e sicuri”

 

Roma – 19 gennaio 2016 – “Sono rimasta tre mesi a Tripoli. Non ho parole per descrivere la mia vita lì. È il peggior posto al mondo. Ci hanno trattato come animali. Hanno separato le donne dagli uomini e ogni giorno prendevano una di noi per soddisfare i loro istinti”. 

A parlare è una donna eritrea, salvata nel Mediterraneo da una nave di Medici senza frontiere. “Chi vorrebbe rimanere in Libia in queste condizioni? Non voglio subire altri abusi! Non avevamo altra scelta. È vero, sapevamo che saremmo potuti morire in mare ma era una nostra scelta”. 

“Siamo rimasti in acqua per un’ora, un’ora che ricorderò per il resto della mia vita. Immagina quanto è difficile avere tuo figlio tra le braccia e non riuscire più sostenerlo. Stavo per lasciare andare a fondo entrambi. Sono stati momenti terribili, che io non posso descrivere. Piango ancora quando ricorso cosa è successo”, dice invece un uomo siriano. 

Un suo connazionale scappato dalla guerra, che invece cercava di raggiungere l’Europa attraversando i Balcani ed  stato soccorso in una foresta della Serbia, non sa più che fine hanno fatto al moglie e i figli, dai quali è stato separato lungo il cammino. “Sono stato messo in prigione in Grecia, Macedonia, Serbia e Ungheria. Perché? Non capisco. Non ho rubato, non ho ucciso. Sono fuggito alla morte, ma ho trovato solo morte. Il mio futuro è l futuro dei miei figli, se solo sapessi dove sono”. 

Sono racconti dell’orrore quelli raccolti dagli operatori di Medici Senza Frontiere nel rapporto “Corsa a ostacoli verso l’Europa”, presentato oggi. Pagine nelle quali si denuncia il catastrofico fallimento dell’Unione Europea nel rispondere ai bisogni umanitari di rifugiati, richiedenti asilo e migranti nel 2015.  

“Non solo l’Unione Europea e i governi hanno fallito collettivamente nell’affrontare la crisi, ma con le loro barriere e la risposta caotica ai bisogni umanitari delle persone in fuga hanno di fatto peggiorato le condizioni di migliaia di uomini, donne e bambini già vulnerabili” dice  Brice de le Vingne, direttore delle operazioni di MSF. 

Queste politiche hanno anche costretto le organizzazioni umanitarie ad aumentare i loro interventi.  Msf nell’ultimo anno li ha triplicati: tra il 1° gennaio e il 15 dicembre,  ha effettuato oltre 100.000 consultazioni mediche e psicologiche – sulle navi di ricerca e soccorso e nei progetti in Italia, Grecia e Balcani – e tra maggio e dicembre ha soccorso 23.747 persone in mare. In tutto MSF ha speso circa 31,5 milioni di euro e mobilitato 535 operatori umanitari per rispondere ai bisogni di rifugiati e migranti in Europa e nel Mediterraneo.

L’Europa è sempre più fortezza. Non offre  alternative alle traversate via mare, stende fili spinati lungo le frontiere terresti, riserva ai profughi procedure di accoglienza e protezione farraginose e inadeguate. E i profughi raccontano anche lati più oscuri, dai poliziotti bulgari che rapinerebbero i disperati, togliendo loro soldi e telefonini, a guardacoste greci che arpionerebbero i gommoni per poi magari trainarli in acque turche. 

 “Questa crisi è tutt’altro che finita e l’assistenza resta del tutto insufficiente in Italia, Grecia e Balcani. Nel 2015, gli stati europei hanno attuato politiche inumane per proteggere i propri confini da persone vulnerabili. Speriamo che nel 2016 non dovremo più proteggere queste persone dalle politiche europee” dice Stefano Argenziano, coordinatore progetti migrazione MSF.

Alla denuncia, Medici Senza Frontiere affianca una serie di proposte: “Canali legali e sicuri per i richiedenti asilo (anche tramite la possibilità di chiedere asilo alle frontiere di terra e il ricorso facilitato a misure di riunificazioni familiari, visti umanitari e ricollocamenti); percorsi di migrazione legali per ridurre viaggi pericolosi e reti di trafficanti; un meccanismo ambizioso di ricerca e soccorso in mare, da effettuare vicino alle coste di partenza e con luoghi di sbarco predefiniti che garantiscano condizioni umane e assistenza medica; investimenti nell’accoglienza invece che nella deterrenza; schemi di ricollocamento più ambiziosi; l’eliminazione di violenze e abusi da parte delle autorità”.

La sintesi del rapporto in italiano

Il rapporto completo in inglese

Stranieriinitalia.it

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