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Profughi. I Paesi dell’Est contro il ricollocamento: “Identificazioni e rimpatri”

Memorandum comune di Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria. “Gli hotspot siano anche centri di detenzione”

 

 

Praga  – 19 gennaio 2016 – No al ricollocamento dei profughi in tutti i Paesi Ue proposto da Bruxelles. Chi arriva in Europa va trattenuto negli hotspot fino al termine delle procedure di identificazione, dopo le quali per i migranti economici irregolari devono scattare i rimpatri. 

Sono le posizioni ribadite oggi da Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria ribadita oggi a Praga in un memorandum comune del Gruppo di Visegrad (V4) sulla crisi migratoria. 

“I nostri quattro paesi continuano comunque a essere contro il sistema delle quote obbligatorie di ricollocazione dei profughi ” ha spiegato Milan Chovanec, ministro dell’Interno della Repubblica ceca, al termine della riunione. E ha aggiunto che gli hotspot allestiti nei luoghi di arrivo, dove vengono controllati i documenti, fatte le foto e prese le impronte digitali, devono essere anche centri di detenzione, “dai quali i profughi non possano uscire prima della loro identificazione”.

“Sarebbe impossibile combattere contro la immigrazione clandestina senza dei centri di detenzione efficienti” ha detto il ministro dell’interno slovacco Robert Kalinak. Queste strutture “devono evitare i casi in cui lo stesso migrante risulta registrato in localita’ diverse con nomi differenti, cosi’ come i casi in cui non risultano identificati in alcun modo”.

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