Roma, 1 marzo 2022 – Tentavano di procurarsi o di rinnovare il permesso di soggiorno, dimostrando di avere una regolare occupazione in un’impresa a domicilio con sede presso la propria residenza. L’indirizzo di residenza indicato nella Scia, la segnalazione certificata di inizio attività, era però fittizio.
Lo hanno scoperto gli agenti del reparto di polizia giudiziaria della polizia locale di Genova, nel corso di una lunga e minuziosa inchiesta che vede finora 175 indagati per falso in autocertificazione, falso ideologico per induzione e contraffazione di documenti al fine del rilascio del permesso di soggiorno.
L’indagine ha preso il via a seguito del respingimento da parte dello sportello unico per le attività produttive del Comune di Genova di numerose pratiche di inizio attività perché il luogo di residenza indicato risultava fittizio. Gli indirizzi erano infatti riconducibili sempre agli stessi numeri civici, tra cui centri di accoglienza per immigrati dai quali i dichiaranti si erano allontanati da tempo, o che, nel frattempo, erano stati dismessi.
Da successivi accertamenti presso la Camera di Commercio di Genova è emerso che buona parte degli indagati, dopo aver inviato la Scia allo sportello tramite i procuratori, avevano dato comunicazione unica per la nascita d’impresa all’Agenzia delle Entrate ottenendo l’apertura di una partita Iva, per poi presentare una richiesta di iscrizione nel registro imprese di Genova nella sezione speciale con qualifica di piccolo imprenditore.