Menu

Il portale dell'immigrazione e degli immigrati in Italia

in

Giornata delle vittime dell’immigrazione, “Canali sicuri contro le stragi”

Il 3 ottobre 2013 persero la vita a  Lampedusa almeno 366 persone. Sami (Unhcr): “Da allora altri 11 mila morti nel Mediterraneo”. Cgil: “Europa sempre più fortezza”

 

 

Roma – 3 ottobre 2016 – Ricordare “quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”. 

È l’obiettivo della Giornata Nazionale delle vittime dell’immigrazione, che oggi si celebra per la prima volta, nel terzo anniversario del naufragio che il 3 ottobre 2013 costò la vita a 366 persone nelle acque di Lampedusa. Ci saranno eventi sull’isola e in tutta Italia, per “sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza” e iniziative nelle scuole, dice la legge istitutiva, per “sensibilizzare e di formare i giovani sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza”.

L’unico modo per fare tesoro della memoria di quella strage, sarebbe impedire che altri esseri umani perdano la vita allo stesso modo. E invece, come ricorda oggi Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa, “dal 3 Ottobre 2013 ad oggi, la tragica conta dei migranti e rifugiati morti e dispersi nel Mediterraneo non si e’ fermata, anzi. Siamo ad oltre 11.400 e, solo quest’anno, sono 3.498 le persone che in questo mare hanno perso la vita nel disperato tentativo di trovare salvezza in Europa”.

“Non possiamo considerare queste tragedie con indifferenza e assuefazione. La Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, finalmente ufficializzata, sia, al contrario, stimolo importante di riflessione e impegno”, continua. Finora quest’anno, ricorda,  hanno attraversato il mar Mediterraneo oltre 300.000 persone, il 28% sono bambini, molti non accompagnati o separati dalle loro famiglie. 

“Alternative legali e sicure esistono e vanno implementate: ricongiungimento familiare, reinsediamento, corridoi umanitari, visti per motivi di studio o lavoro. Possibilità concrete affinché le persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni, possano arrivare in un luogo sicuro senza dover intraprendere viaggi pericolosissimi rischiando la vita, ancora una volta,” conclude Carlotta Sami.

 Anche la Cgil denuncia oggi che  “sono passati tre anni da una delle più grandi stragi di migranti dei nostri tempi, in cui morirono oltre 360 uomini, donne e bambini, ma continuiamo ad assistere ad uno stillicidio di persone che muoiono in mare nel tentativo di attraversare le frontiere di un’Europa sempre più fortezza, alla ricerca di una vita migliore di quella che si lasciano alle spalle, segnata da fame, persecuzioni e disperazione. La Cgil è indignata di fronte all’erigersi dei muri contro i migranti in Europa, e preoccupata per la totale mancanza di una politica europea comune in grado di intervenire in modo coeso e responsabile per fermare il dramma dei profughi”.

“L’Ue persevera nelle scelte sbagliate e l’Accordo con la Turchia, ne è la dimostrazione: chiediamo che questo venga stralciato e che vengano sospesi gli accordi esistenti con i Paesi terzi che non offrono adeguate ed effettive garanzie dei diritti, come quello siglato nei mesi scorsi tra l’Italia e il Sudan”, si legge in una nota del dipartimento Immigrazione del sindacato, a firma Selly Kane e Kurosh Danesh. Questo mentre “il minimo sforzo comune raggiunto nell’Agenda Junker del 2015 sulla ricollocazione di 120 mila profughi siriani, eritrei e somali dall’Italia e dalla Grecia, sia risultato disatteso”.

“La Cgil chiede all’Europa e all’Italia di riattivare le operazioni di ricerca e salvataggio, prevedere canali di ingresso umanitari e superare il Regolamento di Dublino, di predisporre un’accoglienza dignitosa e diffusa e chiudere tutti i centri di detenzione in cui vengono violati i diritti umani”. Per i dirigenti sindacali “solo così si potranno evitare altre stragi e si potrà dare il via ad una nuova e diversa fase, in cui il senso di responsabilità e umanità prevalgano su chiusure e cinici interessi dei singoli Stati”.

“Inoltre – continuano Kane e Danesh– è necessario intervenire con urgenza per avviare in via diplomatica processi di pace nelle zone di conflitto, eliminando le diseguaglianze economiche e sociali che sono all’origine della crisi mondiale che stiamo attraversando, mettendo in campo politiche di redistribuzione della ricchezza e di cooperazione allo sviluppo sostenibile nei Paesi del sud mondo”.

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]
Exit mobile version