Roma, 24 febbraio 2021 – Fondazione ISMU stima che al 1° gennaio 2020 gli stranieri presenti in Italia siano 5.923.000 su una popolazione di 59.641.488 residenti (poco meno di uno straniero ogni 10 abitanti). Tra i presenti, i residenti sono circa 5 milioni (l’85%), i regolari non iscritti in anagrafe sono 366mila, mentre gli irregolari sono poco più di mezzo milione (517mila, -8,0%, rispetto alla stessa data del 2019). Rispetto alla stessa data del 2019, il numero di stranieri presenti è sostanzialmente invariato con un calo pari a -0,7%.
Nel 2020, l’anno segnato dallo scoppio della pandemia Covid-19, si registra un aumento degli sbarchi (34mila), dopo due anni di diminuzione (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019). Calano invece le richieste d’asilo che nel 2020 sono state 28mila (contro le 43.783 del 2019). Nonostante la ripresa degli sbarchi, il fenomeno migratorio nel nostro paese mostra i segnali di una fase di relativa stagnazione.
Tale tendenza potrà verosimilmente accentuarsi anche a seguito della crisi economica che il post-pandemia porterà con sé, rallentando gli arrivi e incentivando la mobilità degli stranieri e naturalizzati verso altri paesi. In prospettiva una riduzione della consistenza numerica è attesa anche per quanto riguarda la componente irregolare, su cui agiranno sia gli effetti della sanatoria intervenuta nel corso di quest’anno, sia l’eventuale riduzione della forza trainante di un mercato del lavoro che quasi certamente faticherà a recuperare le posizioni, già non brillanti, dell’epoca pre-Covid.
Sono questi alcuni dei principali dati del XXVI Rapporto sulle migrazioni 2020, elaborato da Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) presentato ieri dalla Fondazione ISMU.
I DATI IN SINTESI
MIGRAZIONI IN ITALIA
L’immigrazione al 1° gennaio 2020. Fondazione ISMU stima che al 1° gennaio 2020 gli stranieri presenti in Italia siano 5.923.000 su una popolazione di 59.641.488 residenti (poco meno di uno straniero ogni 10 abitanti). Tra i presenti, i residenti sono circa 5 milioni (l’85%), i regolari non iscritti in anagrafe sono 366mila, mentre gli irregolari sono poco più di mezzo milione (517mila). Rispetto alla stessa data del 2019, la variazione degli stranieri presenti è stata del -0,7%. Tra i residenti stranieri i maschi rappresentano il 48,2% del totale e le femmine il 51,8% (tra la popolazione italiana le donne sono il 51,2% del totale), i minorenni il 20,2% (sono il 14,8% di quelli di cittadinanza italiana) e gli ultrasessantacinquenni sono il 4,9% (contro il 24,9% tra gli italiani).
Irregolari. La dinamica dell’irregolarità registra un’inversione di tendenza: se al 1° gennaio 2019 le persone prive di un valido titolo di soggiorno stimate da ISMU erano 562mila, al 1° gennaio 2020 queste scendono a 517mila (-8,0%). Un cambiamento che si è verificato prima del provvedimento di regolarizzazione del 2020 e seppur in presenza di una nuova normativa sull’asilo che ha accresciuto la platea degli esclusi.
Effetto Covid su richiedenti asilo, permessi di soggiorno e sbarchi. Le restrizioni alla mobilità causate dalla pandemia hanno influito sugli spostamenti finalizzati alla richiesta di asilo o protezione umanitaria che avvengono attraverso le frontiere aeroportuali. Durante il 2020 le richieste d’asilo in Italia sono state 28mila (contro le 43.783 del 2019). In totale negli ultimi dieci anni le richieste d’asilo sono state 608.225. In calo anche il numero di nuovi permessi di soggiorno: nei primi 6 mesi del 2020 (ultimi dai disponibili) sono stati concessi a cittadini non comunitari circa 43mila nuovi permessi di soggiorno, meno della metà del primo semestre 2019. Le riduzioni più consistenti sono avvenute nei mesi di aprile (-93,4%) e maggio (-86,7%) 2020. Nel 2019 sono stati rilasciati 177.254 nuovi permessi di soggiorno, il 26,8% in meno rispetto al 2018. Il calo maggiore ha riguardato le concessioni per richiesta di asilo, passate da 51mila nel 2018 a 27mila nel 2019 (-47,4%). Al 1° gennaio 2020 si contano in totale 3 milioni e 616mila cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno, di cui i lungosoggiornati costituiscono il 63,1%. Passando agli ingressi via mare i dati sono in controtendenza rispetto a quelli della mobilità generale: le persone sbarcate in Italia nel 2020 sono state 34mila, in aumento dopo due anni di diminuzione (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019). Tra gli altri canali di ingresso che alimentano potenzialmente le richieste di asilo c’è quello degli arrivi irregolari via terra che dall’inizio dell’anno al 26 novembre 2020 sono stati 5.032 (nel 79% dei casi provenienti dalla Slovenia).
Gli esiti delle richieste d’asilo. Per quanto riguarda gli esiti delle richieste di asilo, questi mostrano nel 2020 una flessione dei dinieghi (76%) rispetto al 2019 (81%), ma comunque superiore agli anni che hanno preceduto l’abolizione della protezione umanitaria.
Provenienze: il 22,7% dei residenti stranieri proviene dalla Romania. Per quanto riguarda le provenienze degli stranieri residenti al 1° gennaio 2020 il gruppo nazionale più numeroso continua a essere quello dei rumeni, anche dopo le rettifiche post censuarie (un milione e 146mila residenti, il 22,7% del totale degli stranieri residenti in Italia). Seguono circa 422mila albanesi (8,4%) e 414mila marocchini (8,2%). Al quarto posto si collocano i cinesi con quasi 289mila unità (5,7% del totale stranieri in Italia), poi gli ucraini con quasi 229mila unità, i filippini (quasi 158mila), gli indiani (poco più di 153mila), i bangladeshi (quasi 139mila), gli egiziani (circa 128mila) e i pakistani (meno di 122mila). Le prime tre nazionalità rappresentano da sole quasi il 39,3% del fenomeno migratorio complessivo, mentre in totale le prime dieci raggiungono il 63,5%.
I presenti nelle strutture di accoglienza. In Italia al 31 dicembre 2020 risultavano accolte in strutture di accoglienza (negli hotspot, nei SIPROIMI – Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati – e nei centri di accoglienza straordinari) 80mila migranti, in netta diminuzione rispetto agli anni precedenti. La Lombardia è la Regione che al 31 dicembre 2020 ospita il maggior numero di migranti, 10.494 (13% sul totale), seguita da Emilia Romagna (8.392) e Lazio (7.491).
Acquisizioni di cittadinanza. Nel 2019 le acquisizioni di cittadinanza sono state 127mila, in lieve ripresa dopo il calo registrato nel 2018.
Minori stranieri non accompagnati. Negli ultimi cinque anni la quota di minori stranieri non accompagnati (msna) sul totale degli sbarcati è stata sempre superiore alla media decennale, oscillando fra il 13,2% e il 15,1%.
Sul fronte dell’accoglienza dei minori stranieri soli, al 31 dicembre 2020 risultavano presenti e censiti nelle strutture di accoglienza italiane 7.080 msna, in grande maggioranza maschi (96,4%) e soprattutto giovani quasi-adulti (il 67% di loro ha 17 anni).
IL LAVORO
Immigrati e mercato del lavoro in Italia. Nel 2019 gli occupati stranieri hanno superato i 2 milioni e mezzo, su una popolazione in età da lavoro di oltre 4 milioni. I dati ripresi da varie fonti istituzionali e commentati all’interno del XXVI Rapporto ISMU ci dicono che gli stranieri rappresentano il 10,4% della popolazione in età attiva, l’11,2% delle forze di lavoro, il 10,7% degli occupati e ben il 15,6% dei disoccupati totali. Nel 2019 il tasso di occupazione degli stranieri è del 61% e subisce una lieve flessione, a causa dell’andamento negativo di quello femminile. Il tasso di disoccupazione è del 13,8% (contro il 9,5% degli italiani), con punte più alte tra la componente femminile (16,3%) e i giovani extracomunitari (24%).
Giovani e donne sono i gruppi più svantaggiati. Nonostante i progressi nella partecipazione degli stranieri al sistema scolastico e accademico, oltre 9 giovani lavoratori extracomunitari su 10 svolgono un lavoro a bassa qualifica e bassa retribuzione. Dati che confermano il fenomeno dello svantaggio strutturale dei giovani immigrati di prima e seconda generazione, svantaggio che rappresenta una delle principali criticità per la convivenza interetnica in Italia e in Europa. A tale fenomeno si sovrappone anche una questione femminile, che emerge dall’analisi dei dati relativi ai NEET (Not in Education, Employment or Training, ovvero i giovani che non studiano né lavorano) che per le giovani donne straniere si spiega soprattutto col loro precoce coinvolgimento nel lavoro di cura dei propri familiari: il 23,1% delle extracomunitarie con meno di 24 anni dichiara di doversi prendere cura dei figli o di altri familiari, contro il 4,1% delle italiane.
L’impatto della pandemia e scenari post Covid-19. L’emergenza determinata dal Covid-19 ha posto in evidenza l’elevata percentuale dei migranti tra i key-workers, impegnati nella produzione dei servizi essenziali, quali la filiera agroalimentare, il settore sanitario e della cura, la logistica. In particolare è emersa la dipendenza dei sistemi di produzione alimentare dei paesi sviluppati dai lavoratori immigrati. Inoltre la crisi sanitaria ha avuto l’effetto non soltanto di rivelare la precarietà e la vulnerabilità dei migranti sul mercato del lavoro, ma anche di rafforzarle.
Su questo quadro si è innestata la regolarizzazione che ha portato in totale a 207.542 domande di emersione, di cui 176.848 per lavoro domestico e assistenza alla persona e 30.694 per lavoro nel settore primario (agricoltura e pesca): un esito importante ma in grado di incidere solo in parte sul problema dell’irregolarità dei rapporti di impiego. Pur senza toglierle il merito di aver permesso l’emersione di migliaia di lavoratori irregolari, questa regolarizzazione ha una volta di più ribadito la distanza tra la legge e la realtà.
La “scoperta” del ruolo chiave che il lavoro immigrato svolge in determinati comparti essenziali rende improrogabile mettere finalmente a tema il ridisegno delle politiche migratorie secondo un approccio pragmatico alla questione che ne depotenzi la strumentalizzazione politico-ideologica. Una esigenza che vedrà Fondazione ISMU impegnata nella formulazione di indicazioni e proposte capaci di iscrivere la gestione dell’immigrazione entro le linee strategiche per la crescita e lo sviluppo dell’Italia, andando oltre l’approccio “miope” all’immigrazione che l’ha fino ad oggi caratterizzata.
GLI ALUNNI STRANIERI E IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO
DAD e studenti stranieri. Nel 2020 la chiusura delle scuole a causa dell’emergenza sanitaria e l’introduzione della Didattica a Distanza (DAD) “forzata” hanno cambiato le vite di milioni di studenti, genitori e insegnanti. Anche se non sono ancora disponibili i dati più completi sugli effetti della DAD, si cominciano a stimare i costi economici e sociali del Covid anche in termini di peggioramento degli apprendimenti degli allievi (sia italiani, sia stranieri), soprattutto quelli più svantaggiati a causa di un accesso limitato a internet e/o per la mancanza del supporto genitoriale. Secondo una survey che ha coinvolto oltre 3.700 insegnanti nel mese di giugno 2020 (INDIRE), i figli di famiglie migranti sono uno fra i gruppi più esclusi dalla DAD.
Ogni 100 alunni 10 sono stranieri. Passando all’analisi degli ultimi dati disponibili relativi all’anno scolastico 2018/2019 si registra che gli alunni con cittadinanza non italiana (CNI) hanno superato le 850mila unità (+16% rispetto all’ a.s. 2017/2018), pari al 10% del totale degli iscritti nelle scuole italiane. Quindi è stata raggiunta la soglia simbolica dei 10 alunni con background migratorio ogni 100. Come già evidenziato in precedenti rapporti lo scenario delle scuole multiculturali italiane è entrato da diversi anni in una fase di stasi, caratterizzata da un netto rallentamento del trend di crescita.
Provenienze: rumeni, albanesi, marocchini e cinesi sono sempre in cima alla classifica. Nell’a.s. 2018/19 gli alunni di origine rumena si confermano al primo posto (157.470, il 18,3% degli alunni CNI), seguiti dagli albanesi (118.085, il 13,6%), dai marocchini (105.057, 12,2%) e dai cinesi (55.070, 6,4%).
Alunni stranieri nati in Italia raddoppiati negli ultimi 10 anni. Negli ultimi 10 anni è raddoppiata la quota dei nati in Italia che, nell’a.s. 2018/19, supera le 550mila presenze (pari al 64,5% dei CNI) e da 6 anni scolastici consecutivi costituisce la maggioranza degli alunni stranieri. A livello di provenienze, Cina, Marocco e Albania sono i primi tre paesi per numerosità delle seconde generazioni.
La Campania supera la Sicilia come prima regione del Sud per numero di alunni stranieri. La Lombardia è, da sempre, la prima regione per numero di alunni stranieri raggiungendo quasi le 218mila presenze nel 2018/19 (15,5% sul totale degli alunni del sistema scolastico lombardo), seguita da Emilia-Romagna (oltre 100mila, pari al 16,4% sul totale degli alunni del sistema scolastico presenti in questa regione), Veneto (circa 94mila), Lazio e Piemonte (79-78mila), Toscana (71mila). La Campania supera la Sicilia come prima regione del Sud per numero assoluto di alunni con background migratorio, oltre ad essere al primo posto per la crescita in termini percentuali nell’ultimo triennio (+15,2%).
I tre quarti delle scuole hanno fino al 30% di alunni con background migratorio. Nell’a.s. 2018/19 le scuole non coinvolte nel fenomeno migratorio continuano a diminuire nel tempo (sono 10.211, pari al 18,3% del totale delle scuole italiane, contro il 26,1% dell’a.s 2008/2009). Cresce invece il numero delle scuole con percentuali fino al 30% di alunni con origine immigrata (oltre i ¾ delle scuole del territorio nazionale). Aumenta anche la presenza di scuole con oltre il 30% di alunni stranieri, quasi triplicate nell’ultimo decennio, che sono complessivamente 3.574, il 6,5% delle scuole italiane.
Il 30% degli studenti CNI è in ritardo scolastico. Attualmente il ritardo scolastico è un fenomeno che riguarda il 9% degli studenti italiani e il 30% dei non italiani. Sebbene la quota di studenti con background migratorio in ritardo si sia ridotta di oltre 10 punti percentuali in un decennio, essa rimane ancora molto elevata e stabile negli ultimi anni, in particolare nelle secondarie di secondo grado in cui il 57% dei CNI è in ritardo di uno o più anni.
Il 32,3% dei ragazzi stranieri tra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi, contro l’11,3% degli autoctoni. Per quanto riguarda gli ELET (Early Leaving from Education and Training), ovvero la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che non è in possesso di un titolo di istruzione secondaria superiore o di una qualifica professionale e che non è inserita in percorsi scolastico-formativi, in circa un decennio si è verificata una riduzione percentuale di questo gruppo sia fra gli italiani sia fra gli stranieri. Tuttavia, nel 2019, gli ELET nati all’estero sono il 32,3% dei 18-24enni stranieri (il 22,2% nella media UE28), ovvero il triplo degli autoctoni, che si fermano all’11,3%.
Scelte scolastiche: nei licei aumenta la presenza degli alunni stranieri. Negli ultimi 10 anni è aumentata la presenza dei CNI nei licei e parallelamente è diminuita quella negli istituti professionali. Nell’a.s. 2018/19 i liceali arrivano a rappresentare il 30% degli iscritti CNI del secondo ciclo, con quasi 60mila presenze nei licei italiani.
Scenari futuri. I dati degli ultimi anni fanno prevedere una riduzione progressiva della popolazione scolastica di origine immigrata, dovuta in parte anche alle acquisizioni di cittadinanza, presumibilmente accelerata anche dagli effetti di medio-lungo termine del Coronavirus sull’abbandono degli studi, di cui si rilevano già tracce in alcune analisi di contesti locali. Un documento dell’USR Lombardia (2020) all’avvio del nuovo a.s. 2020/21, ad esempio, attesta un calo drastico nella quota di studenti stranieri presenti nelle scuole lombarde e, soprattutto milanesi, con una forte diminuzione dell’11%.
MEDIA, POLITICA E IMMIGRAZIONE
Immigrazione, media e dibattito politico. Nel XXVI rapporto sulle migrazioni, ISMU dedica un focus di approfondimento alla relazione tra immigrazione, media e politica con l’obiettivo di capire se e come l’emergenza sanitaria abbia determinato un cambiamento nel racconto della migrazione. Attraverso un’analisi dei dati rilevati dall’Osservatorio di Pavia sui telegiornali di prima serata, sulle principali trasmissioni televisive di infotainment e sulle principali testate nazionali e locali, Fondazione ISMU fa rilevare come l’emergenza sanitaria abbia modificato l’agenda dei media tradizionali e la visibilità dell’immigrazione abbia avuto un calo significativo. I Tg italiani nei primi nove mesi del 2020 hanno infatti dedicato all’immigrazione il 6% dei servizi, contro il 10,4% del 2019 (anno record). Stesso trend si riscontra per la stampa: l’immigrazione non fa più notizia sulle prime pagine (da marzo a giugno, la media è stata di circa 10 titoli a testata in un mese, contro i 30 nel 2019).
I media non danno sufficiente spazio alle voci dei migranti. Nei primi 9 mesi del 2020, migranti e rifugiati, nei 7 notiziari generalisti, hanno avuto voce solo nel 7% dei servizi, mentre gli esponenti politici e istituzionali italiani sono intervenuti nel 33% dei servizi televisivi sull’immigrazione.
Quanto pesa la politica nelle notizie sull’immigrazione. I dati rilevati confermano che, anche se nel 2020 l’immigrazione non è stata al centro del dibattito mediatico e politico come del 2019, essa rimane comunque – complici il decreto rilancio e le elezioni regionali – un tema polarizzante e fortemente divisivo. Tra gennaio e settembre 2020, la politica nelle notizie sull’immigrazione è presente nel 25-30% dei casi, nei sette principali Tg di prima serata. Un tema quello dell’immigrazione che sembra essere in cima alle priorità più dei politici – soprattutto per motivi di consenso – che dei cittadini, afflitti da ben altri problemi: secondo un’indagine Ipsos-IUSSES 2020, infatti, i principali motivi di preoccupazione per gli italiani sono l’occupazione e l’economia (78%), mentre l’immigrazione preoccupa solo il 14% degli intervistati.