in

Ius Scholae, perché una riforma sulla cittadinanza è necessaria: storie di italiani “non riconosciuti”

Roma, 7 giugno 2022 – Il 24 giugno l’argomento del giorno alla Camera sarà lo Ius Scholae, e forse si compierà il primo passo verso una riforma della legge sulla cittadinanza. Con questa proposta, infatti, si permetterebbe di richiedere la cittadinanza alla fine del compimento di almeno un ciclo scolastico negli istituti italiani, o se si è nati qui o arrivati entro i 12 anni, e si hanno entrambi i genitori regolarmente presenti. Si riconoscerebbero, quindi, tutti quei giovani che di fatto sono italiani, ma che lo Stato non vuole vedere. E le loro storie ne sono la dimostrazione.

Ius Scholae, la storia di Emine: in Italia da 24 anni, ma ancora straniera agli occhi dello Stato

Il numero degli italiani senza cittadinanza è altissimo, e le loro esperienze hanno sempre qualcosa in comune: una burocrazia che non gli permette di ottenere un riconoscimento che gli spetterebbe. Un esempio è Emine Ceka, trentenne di Genova arrivata dall’Albania nel 1997, a soli sei anni. Emine ha frequentato in Italia le elementari, le medie, le superiori. Oggi lavora come contabile, e si applica per aiutare gli altri. “Nella Comunità di Sant’Egidio ci hanno insegnato a vivere insieme tra diversi e a tutti, indipendentemente dal passaporto, veniva proposto di aiutare chi aveva bisogno. Ora, da trentenne, continuo con la Comunità ad andare a trovare gli anziani due volte la settimana, in un grande istituto di Genova e nelle case dove vivono soli”, ha raccontato a l’Avvenire. Nonostante il suo impegno, Emine ancora fatica a ottenere la cittadinanza.

“Pochi mesi prima dei 18 anni i miei genitori si separarono. Per problemi di reddito significò diventare maggiorenne senza permesso di soggiorno, da irregolare”. Ai tempi lavorava come cameriera in nero, mentre studiava. Il suo datore di lavoro voleva farle un contratto regolare, ma la legge non lo permetteva. “Per sei mesi dovetti andare ripetutamente in questura, fino a quando “il caso della Ceka” divenne famoso e ottenni un permesso per attesa occupazione. Sono ricordi che segnano un’adolescente”. Presto nella sua città si voterà per eleggere il nuovo sindaco, ed Emine non potrà esprimere la sua preferenza, nonostante i 24 anni vissuti in Italia.

“Ho chiesto oltre due anni fa la cittadinanza, ancora non è arrivata la risposta”. Prima, infatti, non poteva: quando i genitori si sono separati, il padre ha venduto la casa e per sette mesi la ragazza non ha avuto la residenza. Per lo Stato “un buco” di questo tipo basta per cancellare 13 anni di scuola. Quando poi è riuscita a riottenerla, ha dovuto attendere i canonici dieci anni di residenza continuativa prima di ripresentare la domanda.

ius scholae

Youness Warhou, un rappresentate italiano all’estero senza cittadinanza

Un’altra storia utile a dimostrare la necessità di una riforma della cittadinanza come lo Ius Scholae è quella di Youness Warhou, un ragazzo che sognava di diventare pilota. Ha frequentato il liceo informatico a Reggio Emilia e ora, mentre lavora, porta avanti anche gli studi universitari. Nel frattempo, poi, ha anche fondato una start-up per la digitalizzazione, ed è stato chiamato per lo sviluppo di software da un’importante società di moda di Reggio Emilia. Nel 2019 è stato selezionato dall’Ambasciata statunitense come giovane imprenditore d’Italia di successo, ha partecipato come membro italiano a un viaggio negli Usa, ha rappresentato il nostro Paese. Il tutto, però, senza avere la cittadinanza. “I banchi sono il luogo in cui sono diventato italiano, dove è avvenuto l’incontro reale con l’Italia per me. Speriamo che questa proposta dello Ius Scholae vada in porto e non sia l’ennesima bolla di sapone”. Proprio come nel 2016.

>> Tutte le notizie di Stranieri in Italia

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 1 Media: 5]

Studenti ucraini, firmata l’Ordinanza per la valutazione degli apprendimenti negli scrutini finali e per gli Esami di Stato per l’anno scolastico 2021/2022

Padova, indagate sette persone per false assunzioni e finti matrimoni con il fine di ottenere il permesso di soggiorno