Roma, 1 dicembre 2022 – Il T.A.R. Veneto, con la sentenza n. 1812 del 23 novembre 2022 ha chiarito che il permesso per protezione speciale può essere convertito in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro a fronte della sussistenza di un contratto di lavoro. Il Tribunale ha affermato che tale possibilità deve essere garantita sia a coloro che hanno ottenuto il permesso a seguito di una domanda di protezione internazionale (o a seguito di una decisione del Tribunale Ordinario), sia a coloro che lo hanno ottenuto dopo aver presentato richiesta direttamente al Questore. Tale permesso di soggiorno, infatti, osserva il Tribunale, pur potendo conseguire a due diversi procedimenti, è unico in quanto, in entrambi i casi, viene rilasciato in base ai presupposti contenuti nell’art. 19 T.U.Immigrazione e deve, dunque, essere sottoposto alla medesima disciplina.
Il quadro normativo
Il comma 1 bis dell’art. 6 del d. lgs. 286/98, espressamente prevede che sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, una serie di permessi di soggiorno tra cui “il permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 25/2008, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;” (e cioè in tutti i casi in cui il diniego della protezione internazionale sia stato negato per ragioni connesse alla pericolosità sociale del richiedente).
L’articolo 32, comma 3, del D.lgs. n. 25/2008 prevede che nei casi in cui la Commissione territoriale non accolga la domanda di protezione internazionale, ma ritiene ricorrano i presupposti di cui all’articolo 19, commi 1 e 1.1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno ((biennale)) che reca la dicitura “protezione speciale”
Il permesso per protezione speciale, così come delineato dal d.l. n. 130/2020 (convertito dalla legge n. 173/2020), che ha modificato l’art. 19 del TUI, però, non è disciplinato esclusivamente dall’art. 32, trattandosi di un particolare tipo di permesso che può essere rilasciato allo straniero che si trovi nelle condizioni previste dai commi 1 e 1.1. del citato art. 19, anche direttamente dal Questore, previo parere delle Commissioni territoriali.
L’articolo 19, comma 1 e 1.1 protegge la persona dall’espulsione o dal respingimento verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Parallelamente vengono protette tutte le situazioni in cui esistano fondati motivi di ritenere che lo straniero, in caso di espulsione, rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Infine tale articolo, per come modificato dalla L. 173/2020 esclude espressamente la possibilità di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, qualora ciò comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. In particolare, l’amministrazione deve obbligatoriamente tenere di conto dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine”.
La sentenza
Il Tar del Veneto osserva che il permesso per protezione speciale può essere ottenuto dallo straniero in esito a due diversi procedimenti. Il primo coincide con quello delineato dall’art. 32 coma 3 del d.lgs. 25/2008: la Commissione territoriale, nell’ambito del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, laddove non ne ravvisi i presupposti, ma accerti l’esistenza delle condizioni di cui ai commi 1 e 1.1. dell’articolo 19 d.lgs. 286/98, ne dispone il rilascio, trasmettendo gli atti al Questore affinché vi provveda.
Il secondo prende le mosse da una domanda dello straniero che può rivolgersi direttamente al Questore per ottenere il permesso, che potrà essere rilasciato previa acquisizione del parere della commissione territoriale sull’esistenza delle condizioni di cui ai commi 1 e 1.1. dell’art. 19.
Il permesso per protezione speciale, evidenziano i giudici, è in ogni caso lo stesso ed è sempre rilasciato dal Questore, sulla base dei medesimi presupposti e cioè nel caso in cui ricorrano le condizioni previste dai punti 1 e 1.1. del primo comma dell’art. 19 del d.lgs. 286/98. Tale accertamento può essere effettuato a monte dalla Commissione territoriale per la protezione internazionale che dispone l’inoltro della documentazione al Questore perché provveda al rilascio del permesso per protezione speciale oppure può essere richiesto alla medesima Commissione dal Questore cui sia stata presentata istanza di rilascio del titolo.
Ne discende, conclude il Tribunale, che il richiamo operato dal comma 1 bis dell’art. 6 del d. lgs. 286/98 all’art. 32, comma 3, del d.lgs. 25/2008 deve ritenersi finalizzato esclusivamente a definire il tipo di permesso suscettibile di conversione cui il legislatore ho inteso riferirsi utilizzando l’espressione “permesso per protezione speciale” e non anche a limitare la possibilità di conversione, al solo caso in cui il rilascio di tale permesso sia stato disposto dalla Commissione territoriale, in quanto ciò risulterebbe privo di ogni ratio e logica.
La sentenza
FONTE NEWS: Integrazione Migranti – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali