Roma, 9 maggio 2022 – Come ricordato nel PNRR (Missione 5, Coesione e inclusione), la conciliazione tra lavoro e maternità è ancora uno dei punti dolenti del sistema italiano: il fatto che molte donne si trovino costrette a scegliere tra lavoro e famiglia determina una perdita consistente di capitale umano e di opportunità di crescita. Nel 2020, ad esempio, sono state quasi 33 mila le neo mamme che hanno lasciato il lavoro.
Come illustrato nel III Rapporto DOMINA sul lavoro domestico, per le lavoratrici domestiche i problemi sono ancora maggiori: innanzitutto esiste una “barriera di accesso” alla maternità, a differenza delle altre lavoratrici dipendenti che possono usufruire della maternità senza particolari vincoli, le lavoratrici domestiche devono aver accumulato un numero minimo di contributi. Ciò significa che la maternità non è immediatamente fruibile dal primo giorno di lavoro, ma dopo aver maturato una certa anzianità.
Secondo gli studi di DOMINA, risulta che essere una lavoratrice domestica non sembra conciliarsi con il diventare “mamma”. Infatti, i dati INPS evidenziano come nel 2020 tra le 750 mila donne assunte dalle famiglie italiane come colf, badanti e baby sitter, solo 6 mila siano in maternità (0,8%). Si tratta di un’incidenza molto bassa, specie se confrontata con i dati delle altre lavoratrici dipendenti del settore privato (3,9%). Inoltre, il numero è diminuito negli ultimi cinque anni: se nel 2015 le lavoratrici domestiche in maternità erano 10.763, nel 2020 sono scese a 6.185, con una perdita netta di oltre 4 mila “mamme domestiche”.
Il III Rapporto DOMINA sul lavoro domestico, evidenzia come nel 2020, per sostenere la maternità delle oltre 6 mila “mamme” l’INPS ha speso circa 42 milioni di euro, con un valore medio di 6.773 euro pro-capite (variabile in base alla contribuzione della lavoratrice).
Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “A tutte le donne lavoratrici devono essere riconosciuti gli stessi diritti di maternità e genitorialità. Conciliare lavoro e maternità è sempre difficile in Italia, ogni anno molte neo mamme devono rinunciare al lavoro per potersi occupare dei figli. Invito il Governo a convocare subito un tavolo con le Parti Sociali e poter discutere della proposta programmatica del settore che l’obiettivo di rilanciarlo, uscendo fuori dal lavoro informale che conta oggi oltre il 60% degli occupati, pari a oltre un milione di lavoratori. Dare gli stessi diritti di maternità a queste che donne che si occupano della nostra casa e dei nostri anziani è una questione di giustizia, in linea con il principio di equità tra i settori sancito dalla Convenzione ILO n. 189/2011 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici.”