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Lavoro e integrazione, con crisi e sbarchi è allarme sfruttamento

Lieve ripresa dell’occupazione tra gli immigrati, ma ci sono mezzo milione di irregolari, tra quanti non sono riusciti a rinnovare il permesso e nuovi arrivati dall’Africa. Uil: “Si rischia una guerra tra poveri, serve una soluzione politica”

 

Roma – 22 dicembre 2016 – In occasione della giornata internazionale dei migranti, martedì si è tenuto, presso la sede ILO – Ufficio di Italia e S. Marino, un seminario tripartito che aveva come focus il lavoro degli immigrati, quale principale strumento di integrazione. Altre tematiche affrontate: le prospettive future degli stranieri che vivono in Italia e quelli che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste; l’apporto del lavoro straniero alla nostra economia ed alla società, ma anche i fenomeni di dumping sociale e lavorativo prodotti da un sommerso in allargamento.

L’evento è stato promosso dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nella sua sede italiana di Via Panisperna a Roma. Presente in forze il Ministero del Lavoro, guidato dalla nuova Direttrice della DG Immigrazione e delle politiche d’integrazione del Ministero del Lavoro, Tatiana Esposito, accompagnata dagli esperti Stefania Congia (DG Immigrazione), Rodolfo Giorgetti e Marco Manieri (Agenzia per le politiche attive del lavoro). Le parti sociali erano rappresentate da Pierangelo Albini (Direttore Area Lavoro e Welfare) di Confindustria; Guglielmo Loy , Segretario Confederale la UIL, Nicola Marongiu (CGIL) e Liliana Ocmin (Cisl). Gianni Rosas, Direttore dell’Ufficio ILO ha introdotto e concluso i lavori della mattinata, salutando i presenti e auspicando una maggiore collaborazione con le parti sociali ed il governo in materia di politica dell’immigrazione e dell’integrazione.

Alcune relazioni (Ministero del Lavoro, soprattutto) hanno tracciato un quadro positivo dell’apporto del lavoro etnico all’Italia che nel 2015 ha superato – secondo il Centro Studi Confindustria – i 120 miliardi di euro, cioè l’8,7% del PIL complessivo. I lavoratori stranieri occupati regolarmente a fine 2015 erano 2.359.065, quelli in cerca di lavoro 456.115, mentre Gli inattivi registrati (non hanno lavoro e non lo cercano) risultano essere 1.270.242.

L’occupazione cosiddetta “etnica” è aumentata di 64.945 unità rispetto il 2014, a fronte di un aumento di 120.892 posti di lavoro per gli italiani. In un anno si contrae anche il numero di stranieri disoccupati, ma solo di circa 9 mila unità, mentre gli inattivi subirebbero un leggero aumento. Il 2015 sembra dunque confermare un piccolo miglioramento delle condizioni occupazionali degli stranieri, anche se appaiono evidenti criticità, in particolare con riferimento alla condizione femminile (tasso di occupazione al 45,6% a fronte del tasso di 57,8% delle comunitarie).

Si tratta di una occupazione, quella “etnica” a contenuto professionale limitato (e quindi meno retribuito). I lavoratori stranieri sono al 77,9% inquadrati come operai (contro il 30,4% degli italiani). Gli impiegati migranti sono solo l’8,1% (contro il 35,5% dei nazionali), i dirigenti lo 0,3% (contro 1,9%) e 0,6% di stranieri sono “quadri” (a fronte del 5,7% degli italiani). L’11,1% sono lavoratori autonomi e l’1,4% “collaboratori”. Il 90% degli stranieri ha una età che va da 15 a 44 anni (contro l’80% degli italianai), dunque sono in media più giovani dei nazionali.

Per quanto riguarda le remunerazioni, le discriminazioni appaiono evidenti: quasi l’80% degli extra UE guadagna meno di 1.200 € lordi (contro il 41% degli italiani). Secondo altri studi di ricerca, un cittadino di Paesi terzi guadagna in media il 25% in meno di un collega italiano per le stesse funzioni svolte. Si tratta di vero e proprio dumping salariale.

Per quanto riguarda la presenza settoriale, secondo Confindustria “il peso del lavoro straniero varia molto tra settori: 10,6% in media la quota di stranieri sugli occupati, ma 15,8% in agricoltura, 9,6% nell’industria in senso stretto, 16,3% nelle costruzioni, 18,7% per ristorazione e alberghi e 39,9% nei servizi sociali e alle persone che includono le collaborazioni domestiche. 

Si osserva, inoltre, una strutturale segmentazione dei lavoratori stranieri tra settori economici a seconda dell’origine.L’industria in senso stretto, per esempio, assorbe buona parte dei lavoratori provenienti da Ghana (58,6%) e Pakistan (43,5%), ma anche circa un terzo di quelli da India (32,5%), Cina (28,2%) e Marocco (29,8%). I servizi alle famiglie, che includono le collaborazioni domestiche, assorbono invece gran parte dei lavoratori provenienti da Filippine (70,0%), Ucraina (67,8%), Sri Lanka (61,0%), Moldavia (54,4%), Perù (50,8%) e Ecuador (47,4%)”.

Questi ed altri dati sono stati resi noti dai dirigenti del Ministero del Lavoro e sono contenuti nel Sesto rapporto annuale del lavoro in Italia (“i migranti nel mercato del lavoro”) pubblicati sul sito dello stesso Ministero (Vai alla Sintesi; Vai al Rapporto completo).

Se l’apporto degli oltre cinque milioni di stranieri residenti nel nostro Paese è indubbio, non si può negare che la crisi economica abbia prodotto delle conseguenze gravi sulla condizione di molti stranieri nonché del mondo del lavoro in generale: “tra il 2014 ed il 2016 quasi 700 mila permessi di soggiorno non sono stati rinnovati – ha ricordato Guglielmo Loy nel suo intervento – di cui 350 mila per motivi di lavoro”. “Questo ha prodotto una emorragia di stranieri verso l’estero (in media 40/50 mila l’anno), oltre che di giovani italiani”.

E’ anche aumentato molto il numero degli stranieri irregolari (valutati oggi in quasi mezzo milione di persone): in parte conseguenza della perdita di posti di lavoro e della impossibilità spesso di trovarne uno nuovo entro un anno; in parte a causa dell’aumento degli sbarchi che nel triennio 2014 – 2016 rischia di superare quota 500 mila arrivi.

“Anche per questo motivo, ha ribadito il Segretario Confederale UIL, abbiamo chiesto ed ottenuto dal Governo una circolare che ha indicato alle questure che il permesso per attesa occupazione ha una base minima di un anno, ma che può essere rinnovato anche dopo se ci sono ammortizzatori sociali (47 mila stranieri quest’anno ne hanno goduto) o fonti di ingresso lecito pari all’assegno sociale INPS (5.825 quest’anno)”. Tutto questo naturalmente non basta: servono politiche attive di reimpiego per italiani ed immigrati: “i dati del sesto rapporto del Ministero del Lavoro – ha ricordato Loy – indicano un recupero di posti di lavoro troppo piccolo ancora, mentre rischia di dilagare il lavoro nero o l’uso abnorme di voucher”.

La UIL ha ricordato come la maggioranza degli sbarchi in Italia sia costituita da persone che lasciano il proprio Paese per motivi economici: “le cause, oltre ai dislivelli nello sviluppo, vanno ricercate anche nella forte pressione demografica dovuta al raddoppio della popolazione in Africa in questo secolo”. Gli effetti di una pressione migratoria così alta e senza sfogo in Italia (vista la politica di chiusura europea in materia migratoria) rischiano di tradursi in un forte dumping lavorativo e salariale, aumento del lavoro nero, gravi forme di sfruttamento ed abbassamento dei diritti di tutti. “Il che – ha sottolineato Loy – rischia di innescare gravi fenomeni di insofferenza sociale e guerra tra poveri”.

La UIL richiama il Governo italiano e la UE all’urgenza di una soluzione politica al dramma della migrazione economica, in specie dall’Africa. “Non si possono espellere 500 mila persone, ha concluso il dirigente UIL, né l’Italia può essere in grado di accogliere ed integrare in eterno flussi migratori irregolari crescenti: è necessario ed urgente che l’Europa trovi una soluzione umanamente accettabile anche alla migrazione economica massiva. L’Italia intanto farebbe bene a riaprire canali d’ingresso regolari per lavoro, chiusi da sei anni, cominciando dalle aree geografiche e dai settori produttivi che già lo chiedono”.

Nel pomeriggio di martedì, sempre presso la sede ILO che gentilmente ci ha ospitati, i membri presenti del Coordinamento Nazionale UIL immigrati si è riunito dibattendo di questi problemi: l’assenza di governance della pressione migratoria e gli effetti deleteri in termini di dumping sociale; la chiusura agli ingressi regolari; il problema dei rifugiati; la necessità di rafforzare la politica della Confederazione in materia migratoria, tra i propri iscritti ed all’esterno; le attività da realizzarsi assieme ad Ital: pratiche di cittadinanza; sovrattassa; rafforzamento dei servizi da offrire ai lavoratori stranieri. Il Dipartimento Politiche Migratorie propone di promuovere una importante iniziativa sul lavoro straniero irregolare nei primi mesi del 2017.

Giuseppe Casucci
Coordinatore Nazionale Dipartimento Politiche Migratorie UIL

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