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L’azione legale contro la strategia del governo italiano di assegnare porti lontani alle navi umanitarie: un rischio evitabile per la salute dei migranti

Roma, 3 luglio 2023 – SOS Humanity, Sea Eye e Mission Lifeline, importanti ONG tedesche che si occupano del salvataggio dei migranti nel Mar Mediterraneo, hanno annunciato un’azione legale contro il governo italiano. L’oggetto di questa causa è la strategia adottata dal governo italiano, che consiste nell’assegnare porti molto distanti dalla zona dei soccorsi alle navi umanitarie.

Tra le navi coinvolte c’è la Humanity 1, appartenente a SOS Humanity, che ha recentemente soccorso 199 migranti in cinque operazioni di salvataggio. Purtroppo, a questa nave è stato assegnato il porto di Ortona (Chieti), che si trova a una distanza di 1.300 chilometri dalla zona in cui si sono svolti i soccorsi.

Secondo quanto riferito dall’ONG, il capitano della nave ha cercato invano di ottenere un porto più vicino per i sopravvissuti gravemente indeboliti. Questi migranti hanno trascorso cinque giorni in mare, privi di cibo e acqua in parte del tempo. L’assegnazione sistematica di porti lontani da parte dell’Italia rappresenta un rischio evitabile per la loro salute.

L’azione legale intrapresa dalle ONG tedesche mira a porre fine a questa pratica pericolosa e a garantire che i migranti soccorsi in mare ricevano un’adeguata assistenza medica e umanitaria il più velocemente possibile. Inoltre, le ONG sostengono che l’assegnazione di porti lontani viola gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani e di diritto marittimo.

Il governo italiano, d’altra parte, sostiene che l’assegnazione di porti lontani alle navi umanitarie fa parte di una strategia più ampia per affrontare la questione dell’immigrazione nel Mediterraneo. Essi affermano che tale strategia è finalizzata a distribuire l’onere dei salvataggi tra tutti i paesi dell’Unione Europea e a prevenire la creazione di un “effetto richiamo” per i migranti.

Tuttavia, le ONG contestano questa argomentazione, sostenendo che la distanza tra il luogo del soccorso e il porto assegnato non solo ritarda l’arrivo dei migranti in un luogo sicuro, ma crea anche condizioni di maggiore sofferenza e rischio per la loro salute.

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