(ANSA) – ROMA, 22 FEB – ASHER COLOMBO E GIUSEPPE SCIORTINO, ”STRANIERI IN ITALIA. TRENT’ANNI DOPO” (IL MULINO, pp. 270 – 20,00 euro). Non solo numeri ma anche storie. Storie personali e di comunita’ per leggere l’immigrazione come e’ giusto che sia, una realta’ articolata. Lo sguardo ”transazionale” e’ quello scelto dai due sociologi, Colombo e Sciortino che curano la pubblicazione, perche’ li’ – dicono – ”il ruolo dei fattori espulsivi sembra essere tutt’altro che irrilevante”. I due documentano un fenomeno strutturale, destinato a crescere e ad avere un peso. La loro analisi (qualitativa), concentrata su alcune comunita’-simbolo, spazia per tre decenni; da quando cioe’ l’immigrazione divenne ‘il’ fenomeno. La data fissata per l’avvio del fenomeno (1977) puo’ essere arbitraria ma risponde ad un criterio: fu in quell’anno che il ‘Corriere della sera’ pubblico’ il primo editoriale sull’immigrazione e la Doxa svolse il primo sondaggio sugli atteggiamenti degli italiani rispetto ai lavoratori stranieri. Da li’ parti’ tutto e via via si arricchi’. Le dinamiche transazionali hanno un senso. E’ il caso – dicono i due sociologi – dell’emigrazione dei romeni di Borsa in cui emerge il sistema degli irregolari e della ”vendita dei visti, l’uso strategico di meccanismi legali di ingresso stagionale” per la successiva permanenza illegale. E’ il caso della ”tratta delle suore”, le giovani donne arrivate dall’India, da Kerala, fin dagli anni ’60, che entrano a far parte di un’industria dell’assistenza che arricchisce gli istituti religiosi, ”immuni da qualsiasi forma di controllo pubblico sull’eticita’ e la trasparenza dell’organizzazione interna”. Questa esperienza accomuna giovanissime in una ”sorta di mercato religioso del lavoro per intraprendere a Roma il noviziato si sono trovate in realta’ a lavorare come domestiche-schiave dietro la minaccia di rimpatrio”. Altra storia di comunita’: quella dei sikh a Reggio Emilia. Circa 3 mila persone nella sola provincia. ”Il caso dei sikh a Reggio Emilia, basata su un complesso di reti familiari e parentali, illustra bene il processo attraverso il quale una comunita’, pur consolidandosi su un preciso territorio, mantiene vivi i contatti con i paesi della diaspora e con la madrepatria che a loro volta alimentano la rete migratoria e quindi il processo di stabilizzazione nell’area specifica”. In questo caso, il matrimonio, attraverso il ricongiungimento familiare, riveste un ruolo determinante nell’alimentare il processo migratorio”. Allo stesso tempo, l’alleanza matrimoniale favorisce maggiori possibilita’ migratorie. La provincia di Catania e’ da oltre vent’anni meta privilegiata per molti immigrati provenienti dalle isole Mauritius (che ha qui una comunita’ ben radicata, soprattutto dal versante femminile), dal Senegal, dalla Tunisia, dal Marocco e dallo Sri Lanka. L’immigrazione femminile mauriziana che giunge nella citta’ siciliana ha caratteristiche di emancipazione: e’ possibile, infatti, ritrovare donne piu’ o meno giovani accomunate dalla condizione solitaria di arrivo e di permanenza. ”E’ probabile che la scelta di lasciare il proprio paese sia nata e si sia sviluppata in modo autonomo rispetto alla famiglia per cercare di soddisfare il proprio desiderio di indipendenza economica, di liberta’ di movimento, di emancipazione e realizzazione personale o per fuggire da una situazione socioculturale non piu’ condivisa”. (ANSA).
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