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Migranti e sfruttamento lavorativo a Roma: cosa emerge dallo studio di Angelicum

Roma, 31 ottobre 2023 – Una recente ricerca condotta dagli studenti della Facoltà di Scienze Sociali presso l’Università Angelicum a Roma, nel contesto del programma Strong+, ha gettato luce sulla condizione del lavoro dei migranti nella capitale italiana. Attraverso un campione di circa 400 lavoratori, la ricerca, durata 10 mesi, ha esaminato le sfide legate all’occupazione. I risultati, però, sono tutt’altro che confortanti.

migranti

Migranti e lavoro: i dati della ricerca

I dati rivelano una situazione complessa e spesso problematica per i lavoratori migranti nella città di Roma. Solo il 6.7% degli intervistati raggiunge la soglia di un “lavoro dignitoso”, mentre il 26.4% è in una situazione “tollerabile”. Il 31.3%, poi, affronta condizioni “medicre”, il 26.4% dichiara di avere un “lavoro insoddisfacente”. Il restante 9.1%, invece, lamenta di svolgere un “lavoro indecente”.

La ricerca è stata divisa in cinque aree principali che definiscono il lavoro dignitoso: formazione e crescita, aspetti economici e contrattuali, il rapporto tra vita privata e famiglia, parità e discriminazione, e, infine, tutela e sicurezza. In ognuna di queste categorie, i dati di soddisfazione indicano problemi che spesso superano quelli riscontrati dai lavoratori italiani. Tra i dati significativi, emerge che oltre il 48% delle persone intervistate non ha mai ricevuto una formazione specifica per il lavoro. Questo rappresenta una preoccupante mancanza di investimenti nell’ambito della formazione e della crescita professionale per i lavoratori migranti. Specialmente considerando che alcuni corsi, come quelli sulla sicurezza, sono obbligatori. Inoltre, il 41.7% dei lavoratori migranti vive al di sotto della soglia di povertà, che per l’Istat è fissata a 1.049 euro.

La ricerca, inoltre, mette in evidenza che il lavoro dignitoso è spesso correlato al tipo di contratto di lavoro. Il 50.9% del campione ha un contratto a tempo indeterminato, ma altre forme contrattuali, come contratti a termine o di somministrazione, rappresentano situazioni più compromesse. Le piccole e medie imprese sono le principali datori di lavoro per i migranti, e spesso non prevedono una rappresentanza sindacale. In più, il 29% dei lavoratori migranti è pagato solo in contanti, un chiaro segno di illegalità.

Un ulteriore elemento emerso dalla ricerca è la persistente discriminazione razziale, in particolare verso i migranti provenienti dall’Africa e dall’America Latina. Questi lavoratori spesso ricevono salari medi orari netti inferiori a 5 euro.

Infine, lo studio sottolinea che il contratto a tempo indeterminato rappresenta la migliore opzione per garantire condizioni di lavoro dignitose, ma da solo non è sufficiente. Favorire percorsi di tutela e legalità più accessibili ed efficaci per i lavoratori migranti è fondamentale, specialmente nelle piccole e medie imprese in cui la rappresentanza sindacale è spesso assente.

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