Roma, 10 aprile 2025 – L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Richard de la Tour, ha pubblicato le sue conclusioni in merito all’interpretazione della normativa europea sulla designazione di “Paesi terzi sicuri” e “Paesi d’origine sicuri”. Il parere è stato reso su richiesta del Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei provvedimenti di fermo disposti nei confronti di migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) in Albania, provenienti da Stati che l’Italia ritiene sicuri – in particolare Egitto e Bangladesh – ai fini dell’applicazione di una procedura d’asilo accelerata.
Il parere dell’avvocato generale
Secondo l’avvocato generale, la normativa Ue non vieta a uno Stato membro di inserire un Paese terzo nell’elenco di quelli considerati “d’origine sicura”, anche qualora esso non lo sia per determinate categorie di persone. Tale designazione risulta ammissibile solo a specifiche condizioni:
- Contesto democratico e protezione stabile
È necessario che la situazione giuridica e politica dello Stato considerato rifletta un sistema democratico tale da assicurare alla maggior parte della sua popolazione protezione contro persecuzioni o gravi violazioni dei diritti umani. - Esclusione di categorie vulnerabili
Lo Stato membro, al momento di designare il Paese come “sicuro”, deve escludere espressamente tutte le categorie di persone vulnerabili dall’applicazione di questa presunzione di sicurezza. Queste categorie devono pertanto poter beneficiare di una procedura d’asilo ordinaria, più approfondita e con maggiori garanzie.
La designazione tramite decreto
L’avvocato generale precisa inoltre che, se un Paese membro dell’Unione decide di adottare la designazione di “Paese d’origine sicuro” tramite decreto, deve comunque:
- Applicare il diritto dell’Ue
Il contenuto del provvedimento non può entrare in contrasto con le garanzie sostanziali e procedurali previste a livello europeo per i richiedenti protezione internazionale. - Pubblicare (o giustificare) le fonti d’informazione
Nel caso in cui le fonti su cui si basa la decisione non vengano rese pubbliche, l’autorità giudiziaria chiamata a verificarne la legittimità può basarsi su propri elementi di prova, purché tali fonti rientrino tra quelle esplicitamente menzionate nella direttiva europea in materia di asilo.
Cosa cambia per i migranti?
Sebbene le conclusioni dell’avvocato generale non siano vincolanti, esse forniscono un orientamento che la Corte di Giustizia potrebbe seguire nella sua sentenza definitiva. Se la Corte farà proprie tali indicazioni, ciò significherà che gli Stati membri potranno utilizzare con maggior flessibilità lo strumento del “Paese d’origine sicuro”. Tuttavia, resta fondamentale:
- Garantire una procedura accelerata solo nei casi effettivamente rispondenti ai criteri di sicurezza stabiliti a livello europeo.
- Escludere automaticamente dal meccanismo di procedura semplificata i richiedenti asilo appartenenti a categorie particolarmente vulnerabili (minori, donne incinte, vittime di tortura, ecc.).
- Assicurare che i diritti fondamentali dei migranti e le garanzie procedurali non vengano compromessi.
Le considerazioni di Richard de la Tour offrono una chiave di lettura rilevante per le future politiche dell’Unione e per l’interpretazione delle normative in tema di designazione di Paesi terzi sicuri. Se confermate, potrebbero incidere in modo significativo sulla gestione delle procedure di asilo e sui trasferimenti dei migranti nei Cpr all’interno dell’area Schengen. L’esito dipenderà in ultima analisi dalla decisione dei giudici di Lussemburgo, che avranno l’ultima parola su questa delicata questione.