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Marco Wong: “Porto in Italia il sapore del mondo”

L’infanzia a Bologna, gli studi a Firenze e Milano, poi la Cina e il Perù. Ora il ritorno nel suo Paese. Il viaggio di un italiano di successo in lotta contro i pregiudizi

Roma – 17 dicembre 2012 – Marco Wong, italiano di origine cinese, dopo una vita da manager passata all'estero da qualche anno è rientrato in Italia per avviare  un’ attività nel settore degli alimenti etnici. Senza dimenticare l’impegno sociale.

"Sono nato a Bologna nel 1963 – racconta –  e la mia famiglia era stata una delle prime a trasferirsi qui. In quel periodo l'Italia era ancora un paese di forte emigrazione e gli stranieri erano pochissimi. Non abbiamo mai avuto problemi d'inserimento, in quel periodo c'era una certa curiosità positiva e si riusciva a dialogare, a far conoscere il proprio paese d'origine".

Come ha vissuto la sua doppia appartenenza a culture così distanti? "In casa e a scuola ho sempre parlato italiano, ma con il tempo ho sentito la necessita di avvicinarmi alle mie radici e così, parallelamente ai mie studi liceali, ho cominciato a studiare il cinese qui e a Pechino. È una lingua ricchissima ed al suo interno è racchiusa la cultura, la storia e le tradizioni di quel popolo. In qualche modo, già a quell'età ero consapevole che il bilinguismo mi avrebbe dato una marcia in più rispetto ai miei coetanei e che in qualche modo mi avrebbe agevolato nel mio percorso professionale".

Il piccolo Marco sognava di fare l'ingegnere e andare in Cina a realizzare infrastrutture e portare tecnologia. Così dopo il liceo iniziò l'Università a Firenze presso la facoltà di Ingegneria Elettronica e la concluse al Politecnico di Milano dove si specializzò in Telecomunicazioni.

"Il mio primo impiego fu in Pirelli, come system engineer, con gli anni e l'esperienza, ho ricoperto il ruolo di Product Manager negli uffici di rappresentanza a Pechino". Dopo questa esperienza, ha iniziato a lavorare per TIM occupando ruoli di vertice. "Per lungo periodo ho continuato a vivere a lavorare in Cina. Non era il Paese in cui ero nato, ma percepivo di appartenergli, anche se a volte mi sentivo straniero. Infatti succedeva che per la gente e i miei colleghi cinesi ero l'italiano, mentre per quelli italiani ero il cinese. Ma per me lavorare in Cina è stato il coronamento di un sogno" prosegue nel suo racconto Marco Wong.

"Dopo l'esperienza in Cina, l'azienda per cui lavoravo mi ha proposto di trasferirmi in Perù per seguire un importante progetto. Ricordo con molto piacere quegli anni, in cui ho imparato una nuova lingua, ma la cosa più particolare è che per la prima volta mi sono sentito libero, ero uno straniero e basta. Paradossalmente in Italia mi sono sentito immigrato fino all'età di 18 anni. Non mi capacitavo del motivo per cui dovevo chiedere il permesso di vivere nel paese in cui ero nato".

Oggi Wong è imprenditore e socio di un'impresa che importa alimenti “etnici”. "Dopo le mie esperienze all'estero ho deciso di tornare il Italia, dove volevo crescere i miei figli. Ho avuto l'opportunità di riavviare un attività che ho ereditato dalla mia famiglia. Inizialmente l'azienda era indirizzata solo alla comunità cinese, ma dal 2011 abbiamo deciso di aprirla anche ad altre comunità, infatti tra i nostri maggior clienti ci sono bengalesi e filippini".

Wong è anche scrittore (ha pubblicato i romanzi Nettare Rosso e Appuntamento Olimpico) ed è il fondatore di Associna, principale associazione delle nuove generazioni italo-cinesi nate o cresciute in Italia. "Cerchiamo d'instaurare un dialogo con le istituzioni e gli italiani, perché nonostante la comunità cinese sia presente in Italia da tanti anni c'è ancora bisogno di lavorare sugli stereotipi e sui pregiudizi". E politicamente auspica "che con questo nuova tornata elettorale le istanze degli stranieri in Italia siano ben rappresentate".

Samia Oursana

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