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Consiglio di Stato sezione Sesta sentenza n. 2437 del 26 maggio 2008

Rilascio del permesso di soggiorno per lavoro al maggiorenne "affidato"

Consiglio di Stato 26 maggio 2008 “permesso di soggiorno per lavoro al maggiorenne “affidato"
Consiglio di Stato sezione Sesta sentenza n. 2437 del 26 maggio 2008
Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR della Toscana con la quale si accoglie il ricorso di un cittadino straniero contro il diniego di rilascio di permesso di soggiorno per lavoro. Nel caso in specie al cittadino straniero, titolare di un permesso di soggiorno per “affidamento” veniva negato il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro al compimento del 18° anno di età. Il TAR della Toscana accoglie il ricorso presentato dal maggiorenne contro il diniego di permesso ma, avverso la sentenza, il Ministero dell’Interno e la Questura hanno proposto appello lamentando una erronea applicazione dell’articolo 32 del Decreto Legislativo 286/98.
Ebbene, nel caso in specie il Consiglio di Stato evidenzia, invece, che l’art. 32, d.lgs. n. 286/1998 trova applicazione anche in favore dei minori stranieri che abbiano ottenuto dal competente Tribunale civile un provvedimento di affidamento al tutore appositamente nominato, risultando dagli atti che il provvedimento di affidamento era stato emesso a termini del codice civile a seguito dell’intervento dei servizi sociali. La fattispecie delineata dall’art. 2, legge 4 maggio 1983 n. 184, richiamato dall’art. 32, d.lgs. n. 286/1998, vuole proteggere in via generale la posizione dei minori comunque privi temporaneamente di un ambiente familiare idoneo, prevedendo espressamente l’affidamento anche ad una persona singola che sia in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione e l’istruzione.
In varie occasioni il Collegio ha ritenuto che l’art. 32, d.lgs. n. 286/1998, nell’uso della locuzione “e ai minori comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983 n. 184” evidenzia la ratio propria di una norma di chiusura di carattere onnicomprensivo, sottolineata dall’uso dell’avverbio “comunque”, coerente con i principi di uguaglianza, di tutela dei minori e di buon andamento fissati dagli artt. 3, 31 e 97, Cost., ai quali deve ispirarsi il giudice in sede di valutazione, apparendo incoerente sul piano interpretativo una diversa disciplina, che faccia esclusivo riferimento alla posizione di “minore non accompagnato”.
Non sussiste sul piano degli effetti giuridici alcuna differenza fra la posizione del minore non accompagnato affidato ad un tutore con provvedimento del giudice tutelare (come nel caso di specie) ed il minore destinatario del provvedimento di affidamento emesso dal Tribunale per i minorenni ex artt. 2 e 4, legge 184/1983, avuto riguardo tra l’altro al medesimo ruolo svolto dai servizi sociali.
Premesso quanto sopra, il Collegio respinge l’appello con la salvezza dell’impugnata sentenza e ordina la compensazione delle spese.

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