Roma, 28 ottobre 2025 – Uno su cinque lavora senza contratto, uno su quattro subisce discriminazioni, quasi la metà soffre di problemi fisici per i ritmi imposti dalle piattaforme. È questo il quadro che emerge dall’indagine della Cgil Marche, realizzata con Filt Cgil e Nidil Cgil nazionale e curata dal sociologo Vittorio Lannutti delle Università di Urbino e della Politecnica delle Marche.
I risultati sono stati presentati ad Ancona, nel corso del convegno “Il prezzo della consegna: logistica, piattaforme e sfruttamento del lavoro migrante nelle Marche”, che ha messo in luce un sistema produttivo in crescita ma segnato da forti disuguaglianze.
Un settore in espansione ma fragile
Nelle Marche operano circa 3.300 aziende della logistica con oltre 15mila addetti. Solo nel settore “trasporti e magazzinaggio” si contano 8.722 lavoratori migranti: di questi, 6.558 sono non comunitari, 2.047 cittadini europei e 117 con cittadinanza non definita.
L’indagine ha coinvolto 189 lavoratori, il 76,5% con contratto a tempo indeterminato, il 21,9% a termine e l’1,6% a chiamata. Sul fronte retributivo, il 32,6% guadagna tra 1.601 e 1.800 euro, mentre il 23,4% percepisce meno di 1.400 euro. La maggioranza svolge mansioni poco qualificate: 69% magazzinieri, 20,3% trasportatori e 8,6% addetti all’ultimo miglio.
Discriminazione e sfruttamento
“Il lavoro migrante è ancora segnato da disuguaglianza e marginalizzazione, fino a includere vere e proprie forme di sfruttamento — denuncia Eleonora Fontana, segretaria regionale Cgil Marche — con lavoro grigio e nero, violazioni degli orari, e scarsa attenzione alla sicurezza e alla salute”.
Dall’indagine emerge inoltre che uno su cinque lavoratori ha dichiarato di aver lavorato senza contratto, mentre uno su quattro ha subito discriminazioni sul luogo di lavoro. Quasi la metà riferisce problemi fisici legati ai ritmi imposti dalle piattaforme digitali e dalle catene di consegna.
L’impatto dell’hub Amazon a Jesi
Tra i temi discussi anche l’imminente apertura dell’hub Amazon all’interporto di Jesi, che potrebbe generare circa 800 nuovi posti di lavoro, ma prevalentemente a carattere temporaneo.
Per la Cgil, è essenziale che la crescita occupazionale sia accompagnata da regole chiare, trasparenza e formazione. “Serve un confronto con la Regione e le istituzioni locali — conclude Fontana — per garantire integrazione, corsi di lingua, formazione sulla sicurezza e tutela dei diritti lavorativi”.
Un lavoro dignitoso, sicuro e regolare per i migranti nella logistica non è solo una questione sindacale: è una condizione necessaria per la giustizia sociale e per il futuro dell’intero sistema produttivo marchigiano.


