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Dalla Zuanna (Lista Monti): “Riforma della cittadinanza e nuove regole per l’immigrazione”

Il professore di demografia capolista in Veneto: “L’Italia ha ancora bisogno di immigrati, se ne va chi può tornare. I loro figli sono come i nostri, devono avere pari opportunità”

Roma – 15 gennaio 2013 – Monti porta in Parlamento un esperto di immigrazione che tiene fermo il principio delle “opportunità uguali per tutti”,  vuole riscrivere le regole sull’ingresso e il soggiorno in Italia e riformare la legge sulla cittadinanza.

Gianpiero Dalla Zuanna, professore ordinario di demografia all’Università di Padova, già preside della facoltà di Scienze Statistiche, è capolista per il Senato in Veneto di “Con Monti per l’Italia”. Uno che, per deformazione professionale, parte sempre dall'analisi dei dati e che ha messo flussi migratori e seconde generazioni  tra i temi principali della sua attività di ricerca.

È vero, come scriveva qualche giorno fa anche il Financial Times, che gli immigrati se ne stanno andando a causa della crisi?
Innanzitutto c’è stato  un rallentamento degli arrivi. E poi molti comunitari che hanno perso il lavoro tornano in patria, dove possono vivere meglio con i soldi risparmiati qui. Un extraeuropeo, però, ci pensa centomila volte prima di andarsene e perdere una condizione che ha conquistato con fatica e grandi sacrifici.

Insomma se ne va solo chi poi può tornare facilmente?
Sulla scelta di lasciare l’Italia incidono le condizioni lavorative, ma anche quelle normative. Inoltre, non è che scappa la gente con una famiglia avviata qui, con figli. Non si registrano cali di iscritti nelle scuole. Certo, almeno a breve, non possiamo aspettarci trecentomila nuovi arrivi ogni anno come nel primo decennio di questo secolo.

Bisogna aspettare la ripresa economica?
È il sistema produttivo che chiama qui gli immigrati. In provincia di Treviso, quando nel 2010 è ripartita la produzione, è aumentata l'immigrazione. Ora c’è un meccanismo inceppato, ma non sarà così per sempre. Appena la crisi produttiva rientra,  si rimettono in moto anche gli arrivi. Per i prossimi venti anni ci sarà comunque una spinta demografica forte all’immigrazione, perchè le nuove leve italiane non sono sufficienti a coprire i posti lasciati liberi da chi va in pensione.

Almeno a breve termine i disoccupati italiani non basterebbero a rispondere alle esigenze delle aziende?
Il lavoro è molto settoriale. In certi settori non sostituisci l’operaio migrante a novecento euro al mese con il laureato italiano,  che ha dietro la famiglia pronta a sostenerlo finchè non trova una cosa all’altezza delle sue aspettative. Il laureato italiano non prende qualsiasi lavoro disponibile, non è che va a spennare polli per otto ore al giorno.

Nessuna concorrenza, quindi?
Al centro nord quasi mai. Al sud invece è diverso, perché c’è molto lavoro precario e informale, come nella raccolta agricola, che farebbero anche gli italiani. Gli imprenditori preferiscono però gli stranieri, che pagano pochissimo.

Perché l’Agenda Monti non parla di immigrazione? È un tema che non vi interessa?
Quell’agenda non parla di tante altre cose, ad esempio dice poco sulla famiglia. È centrata su aspetti di politica economica generale. Però crediamo che il tema sia fondamentale e basta pensare a quello che ha fatto il governo Monti in questo anno. Ad esempio al tentativo di togliere la tassa sui permessi di soggiorno, quella che io chiamo una “gabella sulla miseria”,  introdotta dal governo  precedente.

Però non l’ha tolta…
Perché ha chiesto alle forze politiche dove tagliare, dove trovare i soldi per coprire il mancato gettito derivante dall’abolizione della tassa. E in Parlamento non ha avuto risposte, c’è stato un disinteresse generale. Poi c’è stata la regolarizzazione, un’occasione importante.

Visti i numeri, non è stata forse un’occasione mancata, un flop?
Non credo affatto. Centocinquantamila persone regolarizzate, su una stima di quattro o cinquecentomila irregolari è un ottimo risultato. Certo c’erano dei paletti da rispettare, oltre alle regole rigorose dell’Unione Europea. Anche lì c’è stata una forte spinta  da parte del centrodestra ad essere stretti, “choosy”. Una prova di populismo.

A proposito di populismo, il “pericolo immigrazione” è di nuovo un cavallo di battaglia elettorale, sia per Berlusconi che per Maroni
E pensare che anche la Lega Nord dovrebbe dire grazie agli immigrati. L’ultimo censimento ha certificato un aumento della popolazione dovuto quasi esclusivamente ai cittadini stranieri, e concentrato soprattutto al nord. I seggi in Parlamento vengono attribuiti in base alla popolazione, votanti e no, italiani e stranieri e quindi ora il nord ha diritto a più seggi.

Quindi c’è il rischio che gli immigrati mandino più leghisti in Parlamento?
In un certo senso, sì. Parlando più seriamente, così come in Parlamento si rappresentano anche i bambini, che non votano, credo che chi siede alla Camera e al Senato abbia una forte responsabilità anche nei confronti dei cittadini stranieri che vivono in Italia.

E lei come pensa di onorare questo impegno?
Le cose da fare sono tante, cito solo le due principali. Innanzitutto bisogna rivedere le regole di ingresso ed espulsione, perchè così come sono non funzionano. Bisogna collegare sì il soggiorno al lavoro, ma ad esempio permettendo anche a chi è qui con un visto turistico di essere assunto e avere un permesso per lavoro. Questo farà diminuire anche gli irregolari, e se non si possono certo espellere cinquecentomila persone, quando diventano poche decine di migliaia il discorso cambia.

Secondo obiettivo?
Intervenire sui diritti di cittadinanza. Anche qui i tentativi di riforma sono stati stoppati dal centrodestra. Io sposo la linea dello ius culturae ribadita anche da Andrea Riccardi, secondo la quale i figli degli immigrati possono diventare italiani dopo un ciclo scolastico. In generale bisogna accelerare sui percorsi di cittadinanza, scardinando i pregiudizi ancora troppo diffusi tra la gente.

Una sua ricerca si concentra sulle seconde generazioni a scuola. Cosa dicono i risultati?
Sintetizzando al massimo, confermano che i figli degli immigrati hanno rendimenti peggiori rispetto agli italiani, anche se sono nati qui. Questo perché, come gli italiani di fasce sociali basse, non sono assistiti dai genitori nei compiti a casa. Però  dicono anche che il processo di assimilazione è rapidissimo, che dopo pochi anni in Italia hanno atteggiamenti, passioni e sogni simili a quelli dei coetanei italiani.

Quindi aspirazioni identiche ma strumenti più deboli per realizzarle?
Sì. C’è quindi il rischio della cosiddetta downward assimilation, cioè che questi ragazzi crescano nella frustrazione, ai margini della società  e sviluppino rancore. Situazioni che abbiamo già visto, ad esempio, in Francia e che l’Italia deve evitare. Credo che la politica debba intervenire per sanare queste disparità.

E per farlo ha bisogno dei Professori?
L’impegno della lista Monti è basato su un’analisi pragmatica della realtà, anche in confronto con altri Paesi europei. E io sono stato chiamato per quello che so fare. A guidarci è un principio di equità, di uguaglianza delle opportunità, anche per gli immigrati. Spero che in Italia si coaguli una maggioranza che vada in questa direzione e che non faccia perdere al Paese altri anni. Questo è il senso del mio impegno.

Elvio Pasca
 

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