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Il commento. Matteo Salvini, il grande sconfitto della regolarizzazione

Roma, 14 maggio 2020 – Il Governo, lo avete già letto sulle pagine del nostro sito, ha approvato la regolarizzazione dei lavoratori stranieri: un intervento storico rivolto a quelle centinaia di migliaia di donne e uomini che da anni lavorano per raccogliere il nostro cibo, curare le nostre case, accudire i nostri familiari infermi o anziani. Cittadini, spesso invisibili, che tengono in piedi il nostro Paese, grazie ai quali abbiamo fatto ogni giorno la nostra vita normale, grazie ai quali siamo rimasti a casa durante il lockdown e grazie ai quali ora l’Italia potrà ripartire.
Una battaglia politica vinta nonostante l’ala del M5S avversa al provvedimento, che sembra ancora rimpiangere i tempi in cui andava a braccetto con la Lega di Salvini.

Ma proprio Salvini sembra uscire come il grande sconfitto da questa battaglia di civiltà. “La regolarizzazione dei migranti rischia di essere un via libera per chi “sta spacciando a Termini o in stazione Centrale di Milano” – ha commentato in giornata il leader (ancora per quanto?) leghista. Rieccolo insomma, il solito Salvini, pronto a mistificare la realtà contro il nuovo provvedimento di regolarizzazione dei migranti voluto, senza non poche difficoltà, dal governo.

Una regolarizzazione, c’è da sottolinearlo, rivolta solo ad una parte di chi lavora in nero in Italia. Una forte limitazione, senza dubbio: evidentemente frutto di una mediazione politica interna al Governo, verso chi ha più paura di perdere (altri) voti a vantaggio della destra. Ma proprio il clima di fatica dentro cui è nato questo provvedimento deve farcene cogliere anche il profondo valore simbolico.

“Alla sanatoria sono contrario moralmente e socialmente – ha affermato oggi Salvini durante la trasmissione Agorà su Rai3 – perché non si rivolge solo ai lavoratori che avrebbero un contratto di lavoro ma alle decine e decine di migliaia che avevano fatto domanda di asilo e la cui domanda è stata respinta perché falsa, menzognera: se fosse come dice il ministro Provenzano a Repubblica sarebbe una sanatoria per decine e decine di miglia di persone, sarebbero due anni di lavoro per riportare regole, un po’ di ordine, cancellati in una notte”. Salvini mente sapendo di mentire. Gli andrebbe ricordato che la più grande sanatoria di immigrati irregolari in Italia è stata condotta dal suo stesso partito con il benestare di Silvio Berlusconi, sulla base di una normativa da loro voluta e ancora in vigore. Dalla metà degli anni ottanta circa 630 mila degli oltre un milione e 800 mila immigrati in Italia non autorizzati sono stati messi in regola dal centrodestra nel 2002-2003, dal secondo governo Berlusconi (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega, Udc), in carica fin dall’inizio della quattordicesima legislatura.

Matteo Salvini, qualche giorno fa, era tornato a parlare di immigrazione, incappando nell’ennesima figuraccia diventata virale. Il leader della Lega era ospite di “Mezz’ora in più” da Lucia Annunziata, mentre in collegamento c’era Aboubakar Soumahoro, italo-ivoriano e sindacalista del Coordinamento Lavoratori agricoli Usb. Al centro dell’intervento dell’ex ministro dell’Interno c’era la proposta, ora diventata effettiva, del ministro Teresa Bellanova di regolarizzare i braccianti agricoli irregolari. Pur dicendosi disponibile alla prorogare dei permessi di lavoro dei braccianti diventati irregolari, Salvini aveva espresso un chiaro no a una regolarizzazione generale spiegando che “se continuiamo a regolarizzare migranti irregolari, abbiamo schiavi” e una sanatoria di massa “porta altro sfruttamento”. Anche qui Salvini mente, e lo sa benissimo. La realtà è l’opposta: una persona irregolare sul suolo italiano per lo Stato non esiste: non solo non paga le tasse, ma non può accedere a cure sanitarie e non può trovare un lavoro regolare. Non solo, gli irregolari sono da sempre uno dei ‘bacini’ più importanti per la criminalità per trovare manovalanza.

Salvini è il grande sconfitto della regolarizzazione. Sui migranti, il suo modo di fare politica ha sempre percoso strade altamente pericolose per la società: meglio instillare e cavalcare l’odio contro i migranti che ci “rubano il lavoro”, facendo così il regalo più grande alle mafie e ai padroncini senza scrupoli. Meglio negare diritti ai lavoratori “stranieri” e costringerli a subire il ricatto del “lavoro nero”: in questo modo gli stessi diritti possono essere negati anche ai nostri lavoratori “italiani”. Stavolta però non è andata così, perché, pur con dei forti limiti, questo provvedimento apre per tante donne e tanti uomini una prospettiva di uscita dai soprusi, dai ricatti e dallo sfruttamento attraverso i quali hanno conosciuto il nostro Paese. Ma ne beneficeranno anche i lavoratori italiani perché non potranno essere più ricattati dalle aziende che sfruttano con la minaccia di trovare manodopera a più basso costo. Con buona pace del Capitano.

S. C.

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