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La sentenza. Corte Ue: ok a ricongiungimento di minori rifugiati non accompagnati che intanto diventano maggiorenni

Roma, 1 febbraio 2024 – Con la sentenza nella causa C-560/20, pubblicata il 30 gennaio, la Corte di giustizia Ue precisa che un rifugiato minore non accompagnato ha diritto al ricongiungimento familiare con i genitori anche se è diventato maggiorenne nel corso della procedura di ricongiungimento familiare. Il ricongiungimento familiare deve eccezionalmente estendersi alla sorella maggiorenne qualora quest’ultima necessiti dell’assistenza permanente dei genitori a causa di una grave malattia. Altrimenti, il rifugiato sarebbe, de facto, privato del suo diritto al ricongiungimento familiare con i genitori. Tale diritto non può essere subordinato alla condizione che il rifugiato minorenne o i suoi genitori dispongano di un alloggio, di un’assicurazione contro le malattie nonché di risorse sufficienti per loro e per la sorella.

Dopo che un cittadino siriano, minore non accompagnato, ha ottenuto lo status di rifugiato in Austria, i suoi genitori e la sorella maggiorenne hanno fatto domanda di permesso di soggiorno in tale paese per poterlo raggiungere. Le autorità austriache hanno respinto sia tali domande, con la motivazione che, dopo la loro presentazione, il giovane siriano era diventato maggiorenne, sia le successive domande di ricongiungimento familiare. I genitori e la sorella hanno contestato quest’ultimo diniego dinanzi al Tribunale amministrativo di Vienna. Tale organo giurisdizionale ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare la direttiva relativa al diritto al ricongiungimento familiare (Direttiva 2003/86/CE). Esso precisa, tra l’altro, che la sorella, a causa di una paralisi cerebrale, dipende in modo totale e permanente dall’assistenza dei suoi genitori, cosicché questi ultimi non potrebbero lasciarla da sola in Siria.

La Corte di giustizia ricorda che la direttiva accorda una protezione specifica ai rifugiati. Data la loro particolare vulnerabilità, essa favorisce specificamente i rifugiati minori non accompagnati concedendo loro il diritto al ricongiungimento familiare con i genitori.

In primo luogo, la Corte dichiara che un rifugiato minore non accompagnato, diventato maggiorenne nel corso della procedura relativa alla domanda di ricongiungimento familiare con i suoi genitori, ha diritto a un tale ricongiungimento. Tale diritto non può infatti essere subordinato alla maggiore o minore celerità nel trattamento della domanda. Di conseguenza, la domanda non può essere respinta per il motivo che il rifugiato non è più minorenne alla data della decisione su detta domanda.

In secondo luogo, la Corte rileva che, a causa della malattia della sorella del rifugiato minorenne, se quest’ultima non fosse ammessa al beneficio del ricongiungimento familiare con tale rifugiato, contemporaneamente ai suoi genitori, il rifugiato sarebbe, de facto, privato del suo diritto al ricongiungimento familiare con questi ultimi, dato che per i genitori è impossibile raggiungere il figlio senza portare con loro la figlia. Orbene, un risultato del genere sarebbe incompatibile con il carattere incondizionato di tale diritto e ne pregiudicherebbe l’effetto utile, violando tanto l’obiettivo della direttiva relativa al ricongiungimento familiare quanto i dettami della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riguardanti il rispetto della vita privata e familiare nonché i diritti del minore, che detta direttiva è tenuta a garantire.

La Corte constata, in terzo luogo, che non si può esigere né dal rifugiato minorenne né dai suoi genitori che essi dispongano, per se stessi e per la sorella gravemente malata, di un alloggio sufficientemente grande, di un’assicurazione contro le malattie nonché di risorse sufficienti. È infatti praticamente impossibile per un rifugiato minore non accompagnato soddisfare tali condizioni. Parimenti, è estremamente difficile per i genitori di un tale minore soddisfare dette condizioni ancor prima di aver raggiunto il figlio. Pertanto, subordinare la possibilità del ricongiungimento familiare dei rifugiati minori non accompagnati con i loro genitori a queste condizioni equivarrebbe, in realtà, a privare tali minori del loro diritto al ricongiungimento.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

FONTE NEWS: Integrazione Migranti

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