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TAR Lombardia Sentenza del 18 dicembre 2008 legittimo diniego di regolarizzazione

TAR Lombardia Sentenza del 18 dicembre 2008 legittimo diniego di regolarizzazione
TAR Lombardia Sentenza n. 1795 del 18 dicembre 2008 legittimo diniego di regolarizzazione
Nel caso di specie, con ricorso collettivo, un datore di lavoro italiano e un cittadino extracomunitario, impugnano il decreto del Prefetto di Brescia con cui è stata rigettata l’istanza di regolarizzazione – ai sensi del D.L. 9.9.2002, n. 195 (convertito con la legge 9.10.2002, n. 222).
Il ricorrente articola le seguenti doglianze: “Violazione dell’art. 3, L. 241/1990, art. 28 comma 3 D.Lgs. n. 195/2002, Violazione degli artt. 1, 35, 41 della Costituzione, nonché delle disposizioni di trattati internazionali ratificati in Italia; Eccesso di potere per errata motivazione, Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto; Violazione della legge n. 222 del 2002”.
Il diniego di nulla osta è stato assunto ai sensi dell’art. 1 comma 8, lett. C) del D.L. 9.9.2002 n. 195, in quanto lo straniero risultava “denunciato per uno dei reati di cui agli artt. 380 e 381 del c.p.p.” .
Peraltro, successivamente alla proposizione del gravame, la Corte costituzionale, con la decisione n. 78 del 10.2.2005, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 8, lett. c), d.l. 195/02, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli art. 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.
E’ stato, infatti osservato dalla Corte che: “la denuncia, comunque formulata e ancorché contenga l’espresso riferimento a una o a più fattispecie criminose, è atto che nulla prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto indicato come autore degli atti che il denunciante riferisce.
Tuttavia, a carico del predetto extracomunitario, risultano anche delle condanne per i reati di cui agli artt. 380, 381 c.p.p. (art. 1 comma 8 lett. A). In tale contesto, le condanne penali subite dal ricorrente sono quindi senz’altro ostative all’accoglimento della domanda, trattandosi, com’è pacifico, di condanna per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.
Per ciò il ricorso è respinto dal TAR della Lombardia.

N. 01795/2008 REG.SEN.
N. 01801/2004 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1801 del 2004, proposto da:
Corioni Luigi (Per Saniplast Spa), rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Cavalea, con domicilio eletto presso Carlo Cavalea in Brescia, Tresanda del Sale, 1; Ben Fadel (Benfadel) Aziz, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Pedrini, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
contro
Ministero dell’Interno, Prefetto di Brescia, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6 (Fax=030/41267);
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del decreto del Prefetto di Brescia, in data 6.8.2003, di diniego di legalizzazione – ai sensi della L. 9.10.2002 n. 222 – del cittadino extracomunitario Benfadel Aziz ed atti connessi.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Prefetto di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11/12/2008 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Con ricorso collettivo – notificato il 15.4.2004 e depositato presso la Segreteria il 9.11.2004 – Corioni Luigi, quale legale rappresentante della Saniplast spa e il cittadino extracomunitario Ben Fadel Aziz impugnano il decreto del Prefetto di Brescia in data 8.8.2003 (notificato il 6.7.2004) con cui è stata rigettata l’istanza di regolarizzazione – ai sensi del D.L. 9.9.2002, n. 195 (convertito con la legge 9.10.2002, n. 222) – presentata dal datore di lavoro Corioni Luigi.
Il ricorrente articola le seguenti doglianze: “Violazione dell’art. 3, L. 241/1990, art. 28 comma 3 D.Lgs. n. 195/2002, Violazione degli artt. 1, 35, 41 della Costituzione, nonché delle disposizioni di trattati internazionali ratificati in Italia; Eccesso di potere per errata motivazione, Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto; Violazione della legge n. 222 del 2002”.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone quindi il rigetto.
Alla Camera di consiglio del 12.11.2004 (ord. N. 1791/04) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato
Con ricorso per motivi aggiunti – notificato il 18.11.06 e depositato l’11.12.2006- i predetti ricorrenti hanno impugnato il decreto del Prefetto di Brescia in data 20.9.2006, con il quale, a seguito della sentenza n. 78 del 10.2.2005 della Corte costituzionale, è stato nuovamente respinta, con altra motivazione, la domanda di regolarizzazione (il provvedimento reca la dizione “conferma del diniego”), deducendo: “ Violazione e falsa applicazione della L. n. 189/2002, del D.L. n. 195/2002, L. n. 222/2002, sentenza della Corte costituzionale n. 78/2005.
Alla camera di consiglio dell’11.1.2007 (ord. n. 4/07) è stata respinta la domanda di sospensione degli effetti del suddetto nuovo atto di diniego.
Alla pubblica udienza dell’ 11.12.2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con ricorso collettivo, il datore di lavoro Corioni Luigi (quale legale rappresentante della Saniplast spa) e il cittadino extracomunitario Benfadel Aziz impugnano il decreto del Prefetto di Brescia in data 8.8.2003 (notificato il 6.7.2004), con il quale – a seguito del diniego di rilascio del nulla osta da parte della Questura di Brescia – è stata respinta la domanda di regolarizzazione del rapporto di lavoro, presentata ai sensi del D.L. 9.9.2002, n. 195 (convertito con la legge 9.10.2002, n. 222).
Il diniego di nulla osta è stato assunto ai sensi dell’art. 1 comma 8, lett. C) del D.L. 9.9.2002 n. 195, in quanto lo straniero risultava “denunciato per uno dei reati di cui agli artt. 380 e 381 del c.p.p.” .
Peraltro, successivamente alla proposizione del gravame, la Corte costituzionale, con la decisione n. 78 del 10.2.2005, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 8, lett. c), d.l. 195/02, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli art. 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.
E’ stato, infatti osservato dalla Corte che: “la denuncia, comunque formulata e ancorché contenga l’espresso riferimento a una o a più fattispecie criminose, è atto che nulla prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto indicato come autore degli atti che il denunciante riferisce. Essa obbliga soltanto gli organi competenti a verificare se e quali dei fatti esposti in denuncia corrispondano alla realtà e se essi rientrino in ipotesi penalmente sanzionate, ossia ad accertare se sussistano le condizioni per l’inizio di un procedimento penale”.
A seguito di tale pronuncia di incostituzionalità, la Prefettura di Brescia ha provveduto a riesaminare la posizione del ricorrente ed è pervenuta alla “conferma del diniego” sulla base di altra giustificazione: la presenza, a carico del predetto extracomunitario, di condanne per i reati di cui agli artt. 380, 381 c.p.p. (art. 1 comma 8 lett. A).
Va ricordato che, per giurisprudenza consolidata, l’atto di conferma – da tenere distinto da quello meramente confermativo – si caratterizza per il fatto che, attraverso di esso, l’Amministrazione, pur pervenendo allo stesso dispositivo di una precedente determinazione amministrativa, compie uno o più atti istruttori al fine di accertare la fondatezza di eventuali doglianze formulate dall’interessato con l’obiettivo di sollecitare una revisione, in fatto e in diritto, della precedente determinazione. L’ atto di conferma, assurgendo a nuova manifestazione di volontà dell’Amministrazione successiva ad un procedimento di riesame, si sostituisce alla precedente manifestazione di volontà e riapre i termini per impugnare.
Per conseguenza, ove, come nella fattispecie, il precedente provvedimento sia stato già oggetto di gravame giurisdizionale, l’atto di conferma determina l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della relativa impugnazione, non potendo il ricorrente ottenere alcun beneficio dall’eventuale annullamento del provvedimento impugnato, sostituito dall’Amministrazione all’esito di un nuovo iter istruttorio e sulla base di una nuovo percorso motivazionale. Il ricorso introduttivo, in quanto diretto avverso l’atto del Prefetto in data 8.8.2003, va dunque dichiarato improcedibile.
Con il ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno contestato la legittimità di tale ulteriore diniego in data 20.9.2006, eccependo che il nuovo provvedimento sarebbe carente di adeguata motivazione e non terrebbe conto che le condanne penali riportate risalgono ad un epoca assai risalente e, infine, che non sarebbe stata valutata l’attuale situazione di inserimento sociale del ricorrente.
Il gravame non risulta fondato.
Invero, la nuova motivazione posta dalla Prefettura a fondamento del diniego risulta immune dai dedotti vizi di legittimità.
La Prefettura è pervenuta al nuovo diniego di legalizzazione dopo aver rilevato che: “dal certificato del Casellario Giudiziale, a carico del sig. Benfadel Aziz, risultano [ sentenze di condanna per] vari delitti fra cui il furto, la falsa dichiarazione, la resistenza a P.U., il reato di lesioni, la rapina e la detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (le ultime due sentenze di condanna sono del 21.5.2004 e 13.9.2004 emesse entrambe dal Tribunale di Brescia rispettivamente per il reato di furto artt. 624, 625 n.6 99 comma 4 del C.P. e per quello di evasione art. 385 del C.P., art. 3 del D.L. 152/91, artt. 69 comma 3, 62 bis, 99 comma 4 – ip 2 del C.P. – irrevocabili)”. Sulla scorta di tale premessa è stato osservato che: “occorre procedere alla conferma del diniego alla legalizzazione in quanto il suddetto cittadino extracomunitario non rientra tra i casi di cui alla sentenza n. 78/2005 della Corte Costituzionale”, richiamando “la nota n. 12/2^ Sez./2006/Reg.SM del 21.7.2006 con la quale la Questura di Brescia conferma il proprio parere negativo alla conclusione della legalizzazione, ritenendo il soggetto socialmente pericoloso”.
Va soggiunto che la relazione dell’Amministrazione, prodotta in atti dalla difesa erariale, ha in allegato copia del certificato del casellario giudiziario relativo al Benfadel Aziz (con tale nominativo e sotto il nome di Maradon Nordin) dal quale emerge un nutritissimo elenco di condanne penali riportate in un arco temporale che va dal 1985 al 2004.
In punto di diritto va osservato che l’art. 1, comma 8, lett. c), del citato DL 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, in legge 9 ottobre 2002, n. 222, in origine non prevedeva la possibilità di regolarizzazione per quanti fossero risultati denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si fosse concluso "con un provvedimento dichiarativo della non sussistenza del fatto o che lo stesso non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero nei casi di archiviazione".
Come s’è detto, la Corte Costituzionale, con sentenza 18 febbraio 2005, n. 78 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia, che è un atto che nulla prova circa la colpevolezza o la pericolosità del soggetto indicato come autore degli atti che il denunciante riferisce.
Peraltro, dalla lettura congiunta del dispositivo e della motivazione della succitata sentenza della Corte costituzionale si evince che la norma di cui all’art. 1, comma 8, lett. c), cit., non è stata puramente e semplicemente annullata dalla decisione della Corte, ma ne è stata solamente espunta la parte che contiene la previsione dell’automatico rigetto dell’istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario in presenza di mera denuncia.
La decisione della Corte, dunque, si limita ad stabilire che agli stranieri extracomunitari non possa essere negata la regolarizzazione solo perché denunciati; non afferma, invece, che non si possa rifiutare il beneficio quando, a carico dello straniero, il giudice penale abbia assunto una pronuncia, la quale costituisca una ragionevole prova circa la sua colpevolezza o pericolosità, sì da renderlo immeritevole di avvalersi della sanatoria (cfr. TAR Veneto Sez. 3, 22.6.2005 n. 2643 e Cons. St. Sez. VI n. 4677/05).
In tale contesto, le condanne penali subite dal ricorrente sono quindi senz’altro ostative all’accoglimento della domanda, trattandosi, com’è pacifico, di condanna per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.
Alla pubblica udienza il legale del Benfadel ha prodotto documentazione comprovante l’intervenuto matrimonio e la nascita di una figlia, elementi di fatto che, a suo dire, determinerebbero l’applicazione dell’art. 5, c. 5 del D.Lgs. n. 286, che consente il rilascio del permesso di soggiorno per il sopraggiungere di elementi favorevoli.
Le circostanze irritualmente introdotte in causa sono peraltro irrilevanti in questa sede, posto che – prescindere dall’applicabilità di tale disposizione anche alla fattispecie per cui è causa della legalizzazione – deve escludersi che l’invocata norma abbia introdotto uno specifico potere per il giudice di pronunciare l’annullamento di un diniego assunto allo stregua della situazione sussistente ad un dato momento, e successivamente modificatasi in senso favorevole al richiedente.
Al contrario, va ribadito che la legittimità del provvedimento amministrativo va verificata – alla stregua del generale principio in tema di validità degli atti amministrativi – in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione.
In tale contesto, va rilevato che la situazione successivamente prodottasi (in tesi impeditiva dell’espulsione dal territorio nazionale) potrà essere disaminata solamente nell’ambito di detto successivo procedimento, ovvero a seguito di nuova richiesta di permesso di soggiorno avanzata dall’interessato all’Amministrazione.
La natura della controversia, afferente all’interesse primario della persona a stabilirsi sul territorio nazionale, suggerisce di compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – Sezione di Brescia – definitivamente pronunciando, in parte dichiara improcedibile in parte respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11/12/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Stefano Tenca, Primo Referendario
Francesco Gambato Spisani, Referendario
   
   
IL PRESIDENTE, ESTENSORE  
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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