Roma, 25 gennaio 2024 – L’accordo recentemente approvato tra Italia e Albania, che prevede il trasferimento di fino a tremila migranti al mese in centri per il rimpatrio nel paese balcanico, ha suscitato numerose perplessità e interrogativi, sia in termini di legittimità costituzionale che di tutela dei diritti fondamentali delle persone coinvolte.
Uno dei punti critici è la procedura per stabilire la possibilità delle persone salvate in mare di chiedere protezione in Italia. La mancanza di chiarezza su chi e come dovrebbe gestire questo processo potrebbe ostacolare il diritto di asilo per perseguitati politici e religiosi, un diritto tutelato dalla Costituzione italiana.
Inoltre, sorge la domanda su chi avrà l’autorità di accettare o respingere una richiesta di asilo: saranno le forze dell’ordine a bordo o il capitano della nave? E quali strumentazioni saranno messe a disposizione in mare per verificare l’identità del richiedente e la sua provenienza?
Un’altra preoccupazione riguarda la legittimità del trasporto di richiedenti asilo verso un paese terzo, anche se dichiarato sicuro, ma non più vicino dell’Italia. Ciò potrebbe sollevare dubbi sulla conformità agli standard internazionali e sulla protezione effettiva dei diritti dei migranti.
Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata ai diritti dei più deboli, come i minori non accompagnati e le donne incinte. Nonostante l’impegno del governo di non portarli in Albania, l’esclusione di tali categorie dai centri di accoglienza albanesi è stata respinta dalla maggioranza, sollevando preoccupazioni sulla vulnerabilità di queste persone.
La questione della dichiarazione dell’età da parte dei minori a Lampedusa è un ulteriore elemento critico, considerando la crescente tendenza a dichiararsi maggiorenni per evitare di fermarsi in Italia. La necessità di chiarezza è ulteriormente accentuata dall’ultimo accordo europeo sui migranti, che richiede maggiori controlli sull’età.
Infine, la difficile rilevabilità della gravidanza a bordo solleva interrogativi sulla tutela delle donne in gravidanza. Il Protocollo stabilisce che in caso di nascita, i migranti saranno sottoposti alle disposizioni della legge italiana, ma resta da chiarire se tutte le categorie vulnerabili saranno effettivamente portate in Italia.
Il tema dei costi, che ammontano a 700 milioni in un quinquennio, solleva dubbi sulla priorità di destinare tali risorse al miglioramento del sistema di accoglienza italiano per favorire l’integrazione.
In conclusione, l’accordo Italia-Albania richiede una rigorosa riflessione critica per garantire la conformità ai principi costituzionali, ai diritti umani e alle normative internazionali, affinché la gestione dei migranti rispetti la dignità e i diritti fondamentali di tutte le persone coinvolte.