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Razzismo. Calderoli condannato a 18 mesi per insulti alla Kyenge

Roma, 14 gennaio 2019 – È stato condannato primo grado a un anno e sei mesi dal tribunale di Bergamo, che ha riconosciuto l’aggravante razziale, il senatore della Lega Roberto Calderoli, a processo a Bergamo – dove vive – per aver dato dell’orango all’ex ministro del governo Enrico Letta, Cecile Kyenge, nel luglio 2013 alla festa della Lega Nord di Treviglio. L’ex ministro non si è costituita parte civile e non sono previsti risarcimenti di natura economica. “Abbiamo vinto un’altra volta – ha commentato Kyenge dal suo profilo Facebook -. Evviva evviva evviva. Il razzismo la paga cara. Anche se si tratta del primo grado di giudizio, e anche se la pena è sospesa, è una sentenza incoraggiante per tutti quelli che si battono contro il razzismo. Perciò esprimo la mia soddisfazione per questa vicenda: non solo per questioni personali, ma anche perché la decisione del Tribunale di Bergamo conferma che il razzismo si può e si deve combattere per vie legali, oltre che civili, civiche e politiche”.

L’allora ministro Kyenge non aveva sporto denuncia, ma in procura a Bergamo era partito d’ufficio il procedimento sostenuto dai pm Maria Cristina Rota e Gianluigi Dettori: nel 2015 un primo stop, con la difesa che aveva sostenuto la scriminante dell’articolo 68 della Costituzione, secondo il quale i membri del Parlamento, nell’esercizio delle loro funzioni, non possono essere chiamati a rispondere delle loro affermazioni. La Consulta aveva però dato ragione al tribunale e il processo era ripreso. I pm avevano chiesto 2 anni, la difesa l’assoluzione. “Non ricordo parola per parola quanto ho detto, ma il mio intento – aveva dichiarato Calderoli lo scorso luglio in udienza – era la critica politica al governo Letta, anche per un certo divertimento delle persone presenti, con toni leggeri. Dalle trascrizioni vedo che non ho mai usato la parola ‘orango’, bensì ‘oranghi’, riferendomi a tutto il governo. Intendevo dire che si muovevano come elefanti in una cristalleria: se avessi usato quest’altro paragone, oggi non saremmo in quest’aula”. L’accusa non si era però detta d’accordo. Oggi la condanna a 18 mesi per diffamazione aggravata dall’odio razziale.

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