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“Discriminati migliaia di immigrati a cui è stata impedita la sanatoria”

E’ quanto ha affermato il Tribunale di Milano, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso proposto da Cgil, Cisl e Uil di Milano, Naga, Apn, Arci, Comunita’ Nuova Onlus, insieme ad un lavoratore tunisino contro il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Milano.

Milano, 15 luglio 2011 – L’aver impedito a migliaia di stranieri di completare la procedura di sanatoria perche’ in precedenza si erano resi responsabili del reato di non aver rispettato l’ordine del Questore di abbandonare il territorio nazionale (reato cancellato dalla Corte di Giustizia europea perche’ contrario al diritto umanitario, ndr) e’ stata una grave discriminazione.

E’ quanto ha affermato il Tribunale di Milano, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso proposto da Cgil, Cisl e Uil di Milano, Naga, Apn, Arci, Comunita’ Nuova Onlus, insieme ad un lavoratore tunisino contro il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Milano.

Per il giudice, si legge in una nota dei sindacati “il comportamento del Ministero e’ discriminatorio ‘in quanto impedisce allo straniero di pervenire ad una condizione di parita’ cui avrebbe diritto […] Il rifiuto di ammettere alla regolarizzazione uno straniero che invece ne abbia diritto e’ pertanto analogo al caso in cui allo straniero venga negato l’accesso ad uno o piu’ beni che gli spetterebbero in virtu’ del principio di parità”.

“Si conclude cosi’, con una condanna per discriminazione, la complessa vicenda che ha visto il Ministero dell’Interno soccombere prima davanti alla Corte di Giustizia, poi avanti il Consiglio di Stato ed ora anche davanti al Giudice del lavoro: a ulteriore conferma di quanto siano errate e contrarie al diritto alcune scelte del governo in materia di immigrazione. Secondo il Tribunale, dal comportamento discriminatorio puo’ anche discendere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, che spettera’ qualora lo straniero sia in grado di dimostrare di aver perso il lavoro originario o di non averne potuto reperire un altro a causa del comportamento discriminatorio del Ministero”.

 

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