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Il 73% dei rifugiati è accolto nei Paesi a basso e medio reddito: i dati allarmanti del rapporto UNHCR 2025

Roma, 13 giugno 2025 – Secondo il nuovo rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR, pubblicato nel giugno 2025, il numero di persone costrette alla fuga nel mondo ha raggiunto un nuovo record: 122,1 milioni alla fine di aprile. Rispetto ai 120 milioni dell’anno precedente, si tratta dell’undicesimo aumento consecutivo e segna un decennio di crisi umanitarie sempre più profonde.

Le cause principali: guerre e instabilità politica

I conflitti armati restano la principale causa degli sfollamenti forzati. Crisi come quelle in Sudan, Myanmar e Ucraina continuano ad alimentare fughe di massa, aggravate da una cronica incapacità della politica internazionale di risolvere o contenere i focolai di violenza. Il Sudan è oggi la maggiore crisi di rifugiati e sfollati del mondo, con 14,3 milioni di persone coinvolte, superando la Siria (13,5 milioni), seguita da Afghanistan (10,3 milioni) e Ucraina (8,8 milioni).

Rifugiati e sfollati interni: una distinzione fondamentale

Il rapporto distingue tra:

  • sfollati interni, ovvero persone costrette a lasciare la propria casa senza varcare i confini nazionali, che hanno raggiunto 73,5 milioni (+6,3 milioni in un solo anno);
  • rifugiati, ovvero chi è fuggito oltreconfine, saliti a 42,7 milioni.

Il peso sproporzionato sui Paesi più poveri

Il 67% dei rifugiati rimane nei Paesi confinanti, e ben il 73% è accolto in Stati a basso e medio reddito. Un dato in netto contrasto con la percezione diffusa nei Paesi ad alto reddito, che spesso sovrastimano la propria quota di accoglienza. A titolo di esempio, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda ospitano popolazioni rifugiate numerose, pur disponendo di risorse limitate.

Ancor più impressionante è il confronto tra ricchezza e responsabilità: i Paesi a basso reddito, che rappresentano appena lo 0,6% del PIL globale e il 9% della popolazione mondiale, ospitano il 19% dei rifugiati del pianeta. Inoltre, il 60% delle persone in fuga non lascia mai il proprio Paese, rimanendo in contesti spesso insicuri o privi di assistenza.

Crisi umanitaria aggravata dai tagli ai finanziamenti

Nonostante l’aumento delle necessità, i finanziamenti umanitari sono fermi ai livelli del 2015. Questo squilibrio sta compromettendo la capacità di risposta internazionale e rischia di alimentare nuovi movimenti forzati, anche verso l’Europa e l’Italia. La pressione sui sistemi di accoglienza rischia così di aumentare nei prossimi mesi.

I ritorni: una speranza fragile

Nel 2024, 9,8 milioni di persone sono tornate a casa, fra cui 1,6 milioni di rifugiati (il numero più alto da oltre vent’anni) e 8,2 milioni di sfollati interni (secondo dato più alto mai registrato). Tuttavia, molti di questi ritorni sono avvenuti in contesti instabili, come nel caso dell’Afghanistan, dove migliaia di persone sono rientrate in condizioni disperate. In paesi come Myanmar, Sud Sudan e RD Congo, si è assistito a un paradosso: nuove fughe e rientri contemporanei.

La situazione in Italia

Alla fine del 2024, in Italia si contavano:

  • 150.000 beneficiari di protezione internazionale,
  • 207.000 richiedenti asilo,
  • oltre 163.000 cittadini ucraini con protezione temporanea,
  • circa 3.000 apolidi.

Questi numeri pongono l’Italia tra i Paesi europei maggiormente coinvolti nella gestione della crisi migratoria, in un contesto globale sempre più instabile.

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