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I vescovi: “Serve un decreto flussi straordinario”

“Per dare lavoro regolare agli immigrati”. Le richieste di Cemi e Cei sugli sbarchi in Sicilia

Roma  – 18 febbraio 2011 – Serve un decreto flussi straordinario per lavoro agli immigrati, anche alla luce dei nuovi sbarchi in Sicilia. Lo chiedono la Commissione episcopale per le migrazioni (Cemi) della Cei e la Fondazione Migrantes, in una nota diffusa oggi dall’agenzia Sir.

“Chi fugge dal Nord Africa oggi ha paura di una guerra civile, e quindi è importante saper raccogliere la domanda di persone che chiedono protezione internazionale, costruendo strumenti per offrire asilo, protezione sussidiaria, protezione umanitaria, protezione temporanea” dicono  due organismi dei vescovi italiani. “Alla riapertura del centro di Lampedusa e di altri centri di accoglienza in Italia, alla dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria del Consiglio dei ministri, debbono seguire alcuni percorsi “politici e sociali”.

La Cemi e la Migrantes auspicano il “rafforzamento” e, “finalmente, la creazione di un percorso strutturale di integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati nel nostro Paese”. Ma anche di  valutare la possibilità, alla luce anche della storia di 200 mila immigrati provenienti dalla Tunisia, dall’Egitto, dall’Algeria e residenti nel nostro Paese, di “un decreto flussi straordinario per offrire regolarmente un lavoro agli immigrati” .

Si dovrebbe poi “rafforzare la cooperazione internazionale nel Paesi del Nord Africa, con risorse e piani di sviluppo che guardino non solo alla creazione di macro-progetti, ma anche di microprogetti, costruiti con la partecipazione delle persone, famiglie sul territorio, che rispondano immediatamente ai bisogni delle famiglie, delle città nordafricane”.

La Cemi e la Fondazione Migrantes invitano infine le comunità cristiane in Italia, e oggi “particolarmente in Sicilia, a un supplemento di ospitalità, con gesti che sappiano aiutare – conclude la nota – anche la classe politica a livello locale, regionale e nazionale a non rispondere con la chiusura, il rifiuto, o solo nella emergenza, alle richieste di giustizia, di pace e di protezione che viene ancora, oggi, da popoli, famiglie, persone in cammino”. 

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